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Oggi in regalo con il Centro il libro sulle feste e sui santi / VIDEO
Gratis in edicola, per i lettori del quotidiano, fascicolo di 46 pagine sul culto di San Rocco che si celebra il 16 agosto
San Rocco, pellegrino e taumaturgo, è uno dei santi più venerati e celebrati in Abruzzo, insieme a San Gabriele e Sant’Antonio. Il culto, nella nostra regione, si diffuse prestissimo, assumendo anche una connotazione molto locale, con storie e leggende che pur non trovando un reale riscontro nell’agiografia ufficiale, continuano ad alimentare un affezione per il Santo molto sentita e partecipata.
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Nel corso dei secoli, infatti, in Abruzzo sono sorti quasi in ogni località santuari, chiese, abbazie, edicole e cappelle dedicate al Santo di Montpellier: una costellazione di luoghi sacri che testimoniano un legame particolare dei fedeli abruzzesi. Altrettanti, poi, sono i paesi e le cittadine dove il 16 agosto si festeggia il giorno di San Rocco, con processioni, donativi e riti religiosi.
Tanta la devozione di alcuni paesi abruzzesi a questo Santo, tanto forte il senso di appartenenza, che in molte località la sua storia è diffusa con l’appellativo dialettale di “San Rocch’ e lu caccion’”.
Nato a Montpellier, secondo l’agiografia cristiana, da nobili ma anziani genitori, quando rimase orfano San Rocco donò i suoi beni ai bisognosi e si fece pellegrino, scendendo per la via Francigena verso Roma. Fermatosi ad Acquapendente, in provincia di Viterbo, trovò il castello colpito dalla peste, ma riuscì, con il miracoloso segno della croce, a guarire tutti i malati che vi erano ospitati. Così fece durante tutto il suo viaggio attraverso l’Italia, fin quando a Cesena contrasse lui stesso la malattia e si ritirò in una grotta in quei pressi, dove poco dopo sgorgò una fonte miracolosa per dissetarlo e dove venne assistito da un cane che provvedeva quotidianamente a portargli una pagnotta di pane.
Proprio attorno a questa leggenda, si è sviluppata nel corso dei secoli una storiografia tutta abruzzese secondo cui la grotta in cui si rifugiò il Santo si trovasse in realtà nei pressi di Roccamontepiano, tanto che in questo luogo, dove si trova anche una fonte d’acqua, è stato costruito un santuario.
La tradizione locale vuole che il 16 agosto il sito sia meta di tantissimi pellegrini che, giunti da tutta l’area chietina, dopo aver assistito alle funzioni religiose, attingono l’acqua miracolosa della fonte, bevendola per devozione con il “boccaletto”, una brocca di ceramica smaltata e dipinta con l’effigie del Santo.
Moltissimi sono, nella nostra regione, anche le testimonianze d’arte create in venerazione del Santo. Antiche statue lignee, affreschi ormai sbiaditi risalenti al XV, XVI secolo, magari nascosti dietro altari o nelle cappelle laterali di chiese dedicate ad altri santi.
L’iconografia di San Rocco è quella tradizionale che ha accompagnato per secoli la rappresentazione della sua figura nell’arte, seppure condizionata, nella foggia dei suoi abiti da pellegrino, dai diversi periodi storici: solitamente è mostrato con il mantello del viandante e con il bastone, spesso anche con il cappello. Il mantello è sempre scostato per mostrare una ferita purulenta sulla coscia, segno del morbo della peste contratta dal Santo, che spesso è ritratto anche nel gesto di indicare il bubbone con il dito. È accompagnato da un cane, segno della divina provvidenza che lo soccorre nel bisogno, che reca tra le fauci il dono di una pagnottella di pane.
Nel libro che oggi è in omaggio con il Centro (nato da un’idea di Antonio De Frenza), Maria Concetta Nicolai ci accompagna nel racconto della vita e delle opere di San Rocco, un racconto che attraversa l’Italia e finisce in Abruzzo, soffermandosi nei vari paesi della nostra regione in cui il Santo Pellegrino, il 16 agosto, viene venerato e festeggiato.
In questa viaggio ideale, l’autrice ci farà scoprire i riti e le processioni, i luoghi, le chiese e i santuari. Un appuntamento imperdibile per conoscere usi e costumi del nostro Abruzzo.
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