«Per restare devono pagarci di più»
Ecco le intercettazioni che accusano le donne di Alba a capo del giro dei cinesi.
ALBA ADRIATICA. «Quessi devono pisciare i soldi!». Non è proprio un linguaggio da signore quello che la polizia capta in una delle intercettazioni telefoniche tra Giovanna Di Lorenzo e Giuliana Esposito. Le due donne di Alba Adriatica sono considerate dagli inquirenti tra le principali protagoniste del giro di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che ha portato a 45 ordinanze di custodia cautelare. «Quessi», nella conversazione, sono i cinesi che devono entrare in Italia.
L’INTERCETTAZIONE. La conversazione tra le due donne è emblematica. Giovanna Di Lorenzo, moglie e collaboratrice del commercialista Giuliano Boffi, secondo la polizia ha messo su, insieme all’intermediaria cinese Yang Chuanying, un giro di falsa documentazione mirata a far ottenere a cinesi già in Italia il ricongiungimento con i familiari. Tra i requisiti per ottenere il ricongiungimento c’è la disponibilità di un alloggio da parte del richiedente. Giovanna Di Lorenzo, dunque, cerca in continuazione appartamenti da affittare (per finta) ai cinesi e si rivolge all’agenzia immobiliare turistica Bruni, gestita da Giuliana Esposito con il figlio. È un affare per entrambe. E infatti scrive il giudice Marco Billi nell’ordinanza di custodia: «Il movente economico, del facile e sicuro guadagno, emerge con chiarezza dalla conversazione, laddove la Esposito solleva una serie di rimostranze alla Di Lorenzo che le aveva trovato un “falso inquilino” disposto a versare una somma inferiore a quanto normalmente richiesto». D (Di Lorenzo): «Stammi a sentire, ci sta un contratto, però non riesco ad arrivare a 3.300». E (Esposito): «E perché?». D: «Perché non me li danno». E: «E vabbè, ci vuò! Scusami, se io mo’ gli devo togliere altre 600-700 euro ogni volta che vengo lì, non ho fatto niente!». D: «Come devo fare, non me li dà. Non lo facciamo, allora?».
E: «Che ci devo pagare lì mo’ io dopo?». D: «No, praticamente lì erano, se io riuscivo a farla a 3.300, erano 300 euro per le spese, 2.500 te li prendevi tu e 500 rimanevano a me». E: «Sì, ma... tu avevi un listino prezzi!». D: «Eh, va bè, ma mica riesco con tutti a farmeli dare, capito?». E: «Bè, vuol dire che se questi vogliono la residenza devono pagare, digli! Se no non gliela diamo!». D: «Allora che faccio?». E: «Eeh, quessi devono pisciare i soldi che mi devono dare!». D: «2.500 mi vogliono dare!». E: «No, no, no, a me ne danno 3.000 e il resto te li prendi tu, fatti dare 3.500, 4.000, quello che vogliono, perché all’inizio erano 5.000, ti ricordi quando me lo dicesti?».
EFFETTO DOMINO. La mastodontica ordinanza del giudice Billi svela anche come l’indagine è partita e si è sviluppata. Il lavoro della squadra mobile ricorda un gigantesco effetto domino: abbattuto il primo tassello, gli altri cadono a ruota. Il primo tassello, inizialmente, sembra un impiegato dell’ufficio stranieri della questura. Per le sue mani, infatti, passano delle pratiche “taroccate”. Così il suo telefono viene messo sotto controllo insieme a quello di Yang Chuanying, l’intermediatrice tra i suoi connazionali cinesi e la questura. Dalle conversazioni emerge che l’impiegato è a posto, mentre la donna viene contattata da numerosi cinesi sparsi in tutta Italia che le chiedono come eludere la normativa sui ricongiungimenti familiari. Lei, in cambio del “pacchetto” con i falsi requisiti, chiede 10-12mila euro.
La polizia, intercettando Yang, si accorge presto che la donna ha frequenti contatti con lo studio del commercialista Boffi di Alba. Qui si concentra l’attenzione degli inquirenti ed emerge il ruolo organizzativo di Giovanna Di Lorenzo, la moglie di Boffi, che tratta le pratiche di ricongiungimento familiare dei cinesi. Per esibire in questura i falsi requisiti, secondo pm e gip, la donna si avvale di numerosi complici. Prima di tutto imprenditori cinesi che attestano falsi contratti di prestazione occasionale, in modo da gonfiare il reddito di chi chiede il ricongiungimento; amici e parenti che hanno disponibilità di appartamenti; un geometra, Antonio Di Gennaro detto Erminio, che attesta che quegli appartamenti sono abitabili da un certo numero di persone anche se non è vero; e il vigile urbano, Massimo Ritrecina, che attesta falsamente la dimora abituale dei cinesi in quegli alloggi in realtà vuoti, in modo da avallare i loro certificati di residenza. Una gigantesca macchina da soldi, secondo gli inquirenti, che per pura avidità ha consentito l’ingresso illecito in Italia a decine, forse centinaia di persone.
L’INTERCETTAZIONE. La conversazione tra le due donne è emblematica. Giovanna Di Lorenzo, moglie e collaboratrice del commercialista Giuliano Boffi, secondo la polizia ha messo su, insieme all’intermediaria cinese Yang Chuanying, un giro di falsa documentazione mirata a far ottenere a cinesi già in Italia il ricongiungimento con i familiari. Tra i requisiti per ottenere il ricongiungimento c’è la disponibilità di un alloggio da parte del richiedente. Giovanna Di Lorenzo, dunque, cerca in continuazione appartamenti da affittare (per finta) ai cinesi e si rivolge all’agenzia immobiliare turistica Bruni, gestita da Giuliana Esposito con il figlio. È un affare per entrambe. E infatti scrive il giudice Marco Billi nell’ordinanza di custodia: «Il movente economico, del facile e sicuro guadagno, emerge con chiarezza dalla conversazione, laddove la Esposito solleva una serie di rimostranze alla Di Lorenzo che le aveva trovato un “falso inquilino” disposto a versare una somma inferiore a quanto normalmente richiesto». D (Di Lorenzo): «Stammi a sentire, ci sta un contratto, però non riesco ad arrivare a 3.300». E (Esposito): «E perché?». D: «Perché non me li danno». E: «E vabbè, ci vuò! Scusami, se io mo’ gli devo togliere altre 600-700 euro ogni volta che vengo lì, non ho fatto niente!». D: «Come devo fare, non me li dà. Non lo facciamo, allora?».
E: «Che ci devo pagare lì mo’ io dopo?». D: «No, praticamente lì erano, se io riuscivo a farla a 3.300, erano 300 euro per le spese, 2.500 te li prendevi tu e 500 rimanevano a me». E: «Sì, ma... tu avevi un listino prezzi!». D: «Eh, va bè, ma mica riesco con tutti a farmeli dare, capito?». E: «Bè, vuol dire che se questi vogliono la residenza devono pagare, digli! Se no non gliela diamo!». D: «Allora che faccio?». E: «Eeh, quessi devono pisciare i soldi che mi devono dare!». D: «2.500 mi vogliono dare!». E: «No, no, no, a me ne danno 3.000 e il resto te li prendi tu, fatti dare 3.500, 4.000, quello che vogliono, perché all’inizio erano 5.000, ti ricordi quando me lo dicesti?».
EFFETTO DOMINO. La mastodontica ordinanza del giudice Billi svela anche come l’indagine è partita e si è sviluppata. Il lavoro della squadra mobile ricorda un gigantesco effetto domino: abbattuto il primo tassello, gli altri cadono a ruota. Il primo tassello, inizialmente, sembra un impiegato dell’ufficio stranieri della questura. Per le sue mani, infatti, passano delle pratiche “taroccate”. Così il suo telefono viene messo sotto controllo insieme a quello di Yang Chuanying, l’intermediatrice tra i suoi connazionali cinesi e la questura. Dalle conversazioni emerge che l’impiegato è a posto, mentre la donna viene contattata da numerosi cinesi sparsi in tutta Italia che le chiedono come eludere la normativa sui ricongiungimenti familiari. Lei, in cambio del “pacchetto” con i falsi requisiti, chiede 10-12mila euro.
La polizia, intercettando Yang, si accorge presto che la donna ha frequenti contatti con lo studio del commercialista Boffi di Alba. Qui si concentra l’attenzione degli inquirenti ed emerge il ruolo organizzativo di Giovanna Di Lorenzo, la moglie di Boffi, che tratta le pratiche di ricongiungimento familiare dei cinesi. Per esibire in questura i falsi requisiti, secondo pm e gip, la donna si avvale di numerosi complici. Prima di tutto imprenditori cinesi che attestano falsi contratti di prestazione occasionale, in modo da gonfiare il reddito di chi chiede il ricongiungimento; amici e parenti che hanno disponibilità di appartamenti; un geometra, Antonio Di Gennaro detto Erminio, che attesta che quegli appartamenti sono abitabili da un certo numero di persone anche se non è vero; e il vigile urbano, Massimo Ritrecina, che attesta falsamente la dimora abituale dei cinesi in quegli alloggi in realtà vuoti, in modo da avallare i loro certificati di residenza. Una gigantesca macchina da soldi, secondo gli inquirenti, che per pura avidità ha consentito l’ingresso illecito in Italia a decine, forse centinaia di persone.