Petrolio, l’Abruzzo davanti a un bivio
Il record di estrazione nel 2011 e le numerose richieste di ricerca impongono una scelta : sviluppo o ambiente?
PESCARA. Che i fondali al largo della costa abruzzese contenessero sacche di idrocarburi si sapeva e lo dimostra l’alto numero di impianti di perforazione offshore e ricerca. Ma il fatto che uno di essi - la piattaforma Rospo Mare, 29 pozzi tra Vasto e Ortona - abbia prodotto il più grande quantitativo di petrolio (205mila tonnellate) estratto nei mari italiani nel 2011, segna un importante capitolo nella storica diatriba tra sviluppo (industria), ambiente e turismo. “Importante” sia perché indica le potenzialità delle risorse abruzzesi alla luce della liberalizzazione degli impianti petroliferi, inserita dal ministro Passera nel decreto Sviluppo, sia perché pone l’Abruzzo di fronte alla necessità di fare delle scelte.
Il quadro attuale vede 3 piattaforme attive (su 9 in Italia) al largo della costa abruzzese. Quattro sono invece i permessi di ricerca : 2 sono stati rilasciati rispettivamente alla Petroceltic Italia/Vega Oil (127 kmq) e alla Medoil Gas (271 kmq) e occupano la fascia marina antistante lacosta tra Teramo e Termoli.
In particolare la ricerca della Medoil Gas è andata a buon fine, tanto che la società aveva presentato l’istanza per la concessione di coltivazione (attualmente la richiesta è in fase di rigetto). Il 15 giugno sono stati conferiti gli altri 2 permessi di ricerca, entrambi alla Petroceltic Italia, al largo di Vasto-Ortona per un totale di 471 kmq. Secondo Legambiente, che sulle trivelle ha redatto un dossier, a questi bisognerà aggiungere nel prossimo futuro altre 2 istanze della Petroceltic ( 873 kmq ) sulle quali tuttavia pende la decisione del Tar Abruzzo. E sempre la Petroceltica ha in mano altre tre istanze di ricerca nei tratti tra Pescara e Vasto (1012 Kmq di area marina). Ma altre due multinazionali straniere devono aver fiutato l’odore dell’”oro nero” abruzzese e sono arrivate da Londra e da Singapore (rispettivamente la Spectrum Geolimited e la Petroleum Geo Service Asia Pacific) per chiedere al ministero 3 maxi concessioni di prospezione per un’area marina complessiva di circa 45mila kmq e che riguarda l’Adriatico da Ravenna fino all’estremo sud della Puglia. Le tre istanze sono sul tavolo della Commissione di impatto ambientale del ministerodell’Ambiente. Se dovesse arrivare il sì, l’Abruzzo non avrebbe né il potere né la forza di opporsi dal momento che il no degli enti locali non è vincolante nelle questioni energetiche di interesse nazionale.
«L'Abruzzo e le altre regioni dell'Adriatico devono sollevarsi contro quanto proposto dal ministro Passera che vuole trasformare il nostro territorio in un autentico far west eliminando pure i timidi limiti posti dal ministro Prestigiacomo», afferma il consigliere regionale di Rifondazione Maurizio Acerbo, «trovo sorprendente il silenzio dei parlamentari abruzzesi che pure hanno partecipato alle tante iniziative di associazioni e comitati contro la petrolizzazione, non facciano gli zerbini del governo e annuncino il voto contrario in aula». «Gli impianti che già ci sono difficilmente potranno essere dismessi ma pensare a nuove strutture è difficile perché l'Abruzzo ha deciso di investire e puntare sul turismo», è più ottimista il presidente della Provincia di Chieti Enrico Di Giuseppantonio, forte di una delibera contraria al petrolio espressa dal Consiglio . Ma quanto guadagna l’Abruzzo da i suoi idrocarburi? Qui il discorso sa di beffa perché la Regione oltre a non av ere capitolo sulle royalties decise dal governo non ha mai varato una legge quadro. «Le società petrolifere per la gran parte non pagano nulla perchè estraggono quantità di idrocarburi al di sotto della quota per la quale si prevede l'esenzione», risponde Acerbo, «solo Rospo Mare rende qualcosa, il governo Monti dovrebbe innalzare le royalties ai livelli di Paesi seri».
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