Pozzi a mare, affari e veleni
La procura di Pescara indaga sui rischi ambientali.
PESCARA. A meno di un mese dalla conferenza internazionale sul clima di Copenhagen, in Abruzzo si indaga sul rischio inquinamento derivato dall’installazione di pozzi petroliferi al largo della linea di costa e sullo sfruttamento delle risorse minerarie.
La Procura di Pescara ha affidato un’indagine conoscitiva al corpo forestale dello Stato guidato dal comandante Guido Conti. I controlli dovranno accertare i possibili rischi per l’ambiente e la salute umana, la regolarità delle piattaforme e le sostanze utilizzate per le perforazioni dei pozzi petroliferi.
Il nuovo filone dell’inchiesta è stato aperto in seguito a una denuncia inviata dalla Confcommercio di Pescara al prefetto Paolo Orrei che ha girato l’esposto alla Procura. L’organizzazione che riunisce circa ottanta associazioni di categoria attive sul territorio, l’8 ottobre scorso ha espresso la propria preoccupazione per le possibili ricadute negative delle attività connesse con l’esplorazione e l’estrazione di idrocarburi nel territorio marittimo abruzzese. «Una politica squilibrata di autorizzazioni», sostiene la Confcommercio, «può provocare danni all’economia locale, in particolare al comparto turistico e alla produzione agricola e vitivinicola. Si verrebbe a compromettere l’immagine turistica del litorale, connotata dal mare Adriatico e da un territorio verde fatto di oliveti e vigneti. Come si può continuare a definire l’Abruzzo la regione verde d’Europa o regione dei parchi se poi si investe sulle attività estrattive a discapito dell’ambiente?».
La Confcommercio, in passato, ha combattuto in prima linea nella battaglia contro la realizzazione del Centro Oli nella zona di Ortona. E lo scorso anno, in seguito a una massiccia e ripetuta mobilitazione popolare, il progetto Eni di un impianto di lavorazione del greggio è stato bloccato dal consiglio regionale fino al mese di dicembre.
Attualmente, a pochi chilometri dal litorale, si trovano piattaforme petrolifere dedite all’esplorazione e all’estrazione. Nel 2006 il Ministero dello Sviluppo economico ha concesso otto istanze di «permesso di ricerca in mare» per la società Petroceltic Elsa (2.456,17 chilometri quadrati complessivi).
Due autorizzazioni di ricerca nel sottosuolo marino sono state rilasciate alla Vega Oil (60 per cento) e Petroceltic Elsa (40 per cento), con scadenza 24 marzo 2011, e alla Medoilgas Italia, con scadenza fissata al 5 maggio 2011. Interessano in totale 203,18 chilometri quadrati del territorio. Per lo specchio d’acqua di fronte la Regione Abruzzo, sono state presentate due richieste di «concessione di coltivazione in mare», inoltrate dall’Agip addirittura il 15 febbraio 1988 e dalla Medoilgas Italia il 18 dicembre 2008. Cinque, invece, le concessioni di coltivazione nel sottofondo marino. Tre società petrolifere, Edison, Gas plus Italia ed Eni, si dividono una torta pari a 1.040,87 chilometri quadrati.
La Procura di Pescara ha affidato un’indagine conoscitiva al corpo forestale dello Stato guidato dal comandante Guido Conti. I controlli dovranno accertare i possibili rischi per l’ambiente e la salute umana, la regolarità delle piattaforme e le sostanze utilizzate per le perforazioni dei pozzi petroliferi.
Il nuovo filone dell’inchiesta è stato aperto in seguito a una denuncia inviata dalla Confcommercio di Pescara al prefetto Paolo Orrei che ha girato l’esposto alla Procura. L’organizzazione che riunisce circa ottanta associazioni di categoria attive sul territorio, l’8 ottobre scorso ha espresso la propria preoccupazione per le possibili ricadute negative delle attività connesse con l’esplorazione e l’estrazione di idrocarburi nel territorio marittimo abruzzese. «Una politica squilibrata di autorizzazioni», sostiene la Confcommercio, «può provocare danni all’economia locale, in particolare al comparto turistico e alla produzione agricola e vitivinicola. Si verrebbe a compromettere l’immagine turistica del litorale, connotata dal mare Adriatico e da un territorio verde fatto di oliveti e vigneti. Come si può continuare a definire l’Abruzzo la regione verde d’Europa o regione dei parchi se poi si investe sulle attività estrattive a discapito dell’ambiente?».
La Confcommercio, in passato, ha combattuto in prima linea nella battaglia contro la realizzazione del Centro Oli nella zona di Ortona. E lo scorso anno, in seguito a una massiccia e ripetuta mobilitazione popolare, il progetto Eni di un impianto di lavorazione del greggio è stato bloccato dal consiglio regionale fino al mese di dicembre.
Attualmente, a pochi chilometri dal litorale, si trovano piattaforme petrolifere dedite all’esplorazione e all’estrazione. Nel 2006 il Ministero dello Sviluppo economico ha concesso otto istanze di «permesso di ricerca in mare» per la società Petroceltic Elsa (2.456,17 chilometri quadrati complessivi).
Due autorizzazioni di ricerca nel sottosuolo marino sono state rilasciate alla Vega Oil (60 per cento) e Petroceltic Elsa (40 per cento), con scadenza 24 marzo 2011, e alla Medoilgas Italia, con scadenza fissata al 5 maggio 2011. Interessano in totale 203,18 chilometri quadrati del territorio. Per lo specchio d’acqua di fronte la Regione Abruzzo, sono state presentate due richieste di «concessione di coltivazione in mare», inoltrate dall’Agip addirittura il 15 febbraio 1988 e dalla Medoilgas Italia il 18 dicembre 2008. Cinque, invece, le concessioni di coltivazione nel sottofondo marino. Tre società petrolifere, Edison, Gas plus Italia ed Eni, si dividono una torta pari a 1.040,87 chilometri quadrati.