Ricci: «Luciano è provato ma pieno di risorse»

Il sindaco di Chieti un’ora a casa dell’amico, in dono un libro e regali per i figli

PESCARA. Si abbracciano e piangono. Luciano e Francesco, per una volta, non sono i sindaci D’Alfonso e Ricci. Sono due amici che si confidano. Uno sta vivendo una prova tra le più dolorose. L’altro è lì per non farlo sentire solo. Alle 10,45 dell’antivigilia di Natale il sindaco di Chieti Francesco Ricci arriva in via Salita Zanni con una busta di regali. Dentro, a casa D’Alfonso, lo aspettano. «Come sindaco di Chieti ho chiesto il permesso al gip per venire a visitare Luciano».

«Mi sembra giusto potergli fare gli auguri di Natale». Ricci entra in casa e subito abbraccia Luciano D’Alfonso. Una stretta forte, poderosa. Le braccia possenti di «Francescone» avvolgono un commosso padrone di casa. Sono attimi di grande emozione, che nessuno dei due amici ha alcuna intenzione di nascondere. «Cosa ho provato in quel momento?», dirà poco prima di ripartire per Chieti. «Beh, queste cose lasciatele a noi». Il sindaco di Pescara lo accoglie nel salotto e gli dice più volte: «Grazie di essere venuto, sono contento di vederti». In casa con lui c’è la moglie Livia. L’atmosfera è quella che sta in tutte le case all’antivigilia di Natale. Albero e presepe. C’è un comprensibile silenzio: i bambini, a quest’ora, sono a scuola. È per loro che l’ospite tira fuori dei regalini.

«Saranno contenti quando li vedranno», commentano a casa D’Alfonso. Poi Ricci mette nelle mani dell’amico Luciano un libro che ha letto e apprezzato, tanto da volerlo regalare al collega sindaco in un momento particolare della sua vita. Il titolo è «La solitudine dei numeri primi», il romanzo di Paolo Giordano che ha vinto il Premio Strega. D’Alfonso apprezza. «Grazie, Francesco». Poi i due cominciano a parlare. D’Alfonso, come confermerà Ricci nel congedarsi, è «molto provato, ma pieno di risorse interiori che lo aiuteranno a superare questo momento difficile della sua vita».

La conversazione va avanti per un’ora. I due sindaci parlano a cuore aperto. «Dai Lucia’, tieni duro, vedrai che saprai far valere le tue ragioni, ne sono sicuro», dice Ricci. E qui D’Alfonso ha un altro momento di commozione. Poi il discorso scivola su temi religiosi, visto anche il Natale alle porte. I due amici parlano di Giovanni Paolo II, «un Papa che abbiamo amato e ammirato entrambi per la sua tenacia anche nelle prove più difficili, nella sofferenza e nella malattia», come rivela lo stesso Ricci. Nei sessanta minuti faccia a faccia, per una volta non in un luogo istituzionale, con le fasce tricolori, ma dentro casa, da dove D’Alfonso per ora non può muoversi, nessun accenno alla scarcerazione.

«Luciano non ne parla minimamente. Sta seguendo questa fase della sua vicenda personale preferendo una sorta di distacco rispetto a quanto gli accade intorno». Si parla anche delle famiglie, dei figli che in circostanze del genere «vanno protetti e tutelati», come concordano entrambi. Poi Ricci guarda l’orologio e si accorge che manca un quarto d’ora a mezzogiorno. È volata, quest’ora del mattino a due giorni dal Natale a casa di Luciano. Ricci si alza e, salutata la signora Livia, torna ad abbracciare un’altra volta l’amico, non prima di avergli dato qualche pacca sulla spalla. «Auguri», «Auguri anche a te, France’», risponde D’Alfonso.

Ricci esce e ai cronisti spiega il perché di questa visita. «Sono venuto per due motivi: il primo è che sono stato a casa di un amico, conosciuto ben prima che diventasse il sindaco di Pescara. L’altro è che mi è sembrato opportuno dimostrargli la vicinanza mia e della mia comunità. L’ho fatto spontaneamente, senza pensarci su nemmeno un attimo. Sono contento di averlo potuto salutare. Abbiamo parlato tra amici, senza barriere. I miei auguri per Luciano quest’anno sono doppi».