Rigopiano, l'avvocato ai giudici: «Perché il prefetto è fuori dall’inchiesta?»
Dal legale della famiglia Feniello una nuova memoria alla Procura. Con l’accusa a Provolo: «Gestione carente sotto ogni punto di vista»
PESCARA. «Perché tra i presunti responsabili delle 29 vittime di Rigopiano indagate per omicidio plurimo colposo, figurano soggetti direttamente coinvolti nel sistema di protezione civile, vale a dire il presidente della Provincia e il sindaco di Farindola, e manca invece il prefetto? E nonostante l’altissima rilevanza delle sue competenze previste dalla legge in situazioni di emergenza come quella di Rigopiano?» È questo in sintesi quello che chiede, nella memoria depositata la scorsa settimana, il legale della famiglia di Stefano Feniello, una delle 29 vittime dell’hotel Rigopiano raso al suolo dalla valanga dello scorso 18 gennaio.
Una memoria con cui l’avvocato Camillo Graziano fa il paio con quella già depositata a febbraio e nella quale ha già offerto alla Procura spunti investigativi importanti, utilizzati poi dagli inquirenti per approfondire le responsabilità di Comune e Provincia per quelle morti. Ma adesso, con le sei pagine infarcite di leggi e riferimenti normativi, l’avvocato Graziano torna alla carica ed è delle responsabilità del prefetto che chiede conto alla Procura, convinto che quella di Provolo sia stata «una gestione carente sotto ogni punto di vista».
Un’accusa pesante che il legale motiva citando quanto previsto dalla legge istitutiva del 1992 e poi da quella di riforma della protezione civile del 2012, nel caso di «eventi naturali che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti».
E, ancora, nel caso di «calamità naturali che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza di intervento, essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo».
È partendo proprio dall’emergenza maltempo, e cioè dalle abbondanti nevicate prima annunciate e poi verificatesi, nei giorni dal 16 al 18 gennaio a Rigopiano, che l’avvocato Graziano elenca le competenze del prefetto previste dalla normativa in tema di protezione civile, per poi metterne in luce le presunte inadempienze.
«Secondo il dettato normativo», scrive il legale, «il prefetto predispone il piano per fronteggiare l’emergenza su tutto il territorio della provincia e ne cura l’attuazione; informa il dipartimento di protezione civile, il presidente della giunta regionale e il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del ministero dell’Interno; assume, coordinandosi con il presidente della giunta regionale, la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati». E ancora, va avanti l’avvocato Graziano, «il prefetto adotta tutti i provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi, vigila sull’attuazione da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti anche di natura tecnica e si avvale della struttura della prefettura, nonché di enti e di altre istituzioni».
In effetti, si ricostruisce nella memoria, il 16 gennaio del 2017 il prefetto istituisce il Centro coordinamento soccorsi della protezione civile per coordinare le attività relative all’emergenza neve. Ma è questo il nodo. Una volta istituito il Ccs, il prefetto Provolo ha poi fatto tutto quello che avrebbe dovuto per rendere realmente efficace la macchina dei soccorsi? Più nel dettaglio, sono cinque i quesiti che pone a riguardo l’avvocato Graziano: «Quale piano di emergenza era stato predisposto dal prefetto? Quali comunicazioni sono state effettuate agli organi regionali e nazionali in ordine al piano di emergenza? E alla luce del necessario coordinamento con la Provincia, era noto al prefetto che la Provincia era sprovvista di turbina da giorni parcheggiata in officina? E se era noto, cosa è stato fatto dal Prefetto per sopperire a tale carenza?». E infine: «Quali comunicazioni sono state effettuate rispetto alla dotazione di mezzi adeguati per la pulizia delle strade delle zone montane?».
È alla luce di tutto questo che l’avvocato dei Feniello «ritiene essenziale approfondire le responsabilità del prefetto nella gestione dell’emergenza neve e valanghe del 16, 17 e 18 gennaio».
«È evidente», scrive nella sua memoria, «che tale gestione è stata carente sotto ogni punto di vista, se è vero, com’è vero, che la strada che collega Farindola all’hotel Rigopiano è rimasta impraticabile per diverse ore prima che la valanga facesse crollare la struttura, provocando la morte di 29 persone». E ancora: «Stante l’altissima rilevanza delle competenze del prefetto previste dalla legge in situazioni di emergenza come quella che riguarda questo procedimento penale, nonchè l’individuazione di presunti responsabili, tra cui soggetti direttamente coinvolti nel sistema di protezione civile (il sindaco di Farindola e il presidente della Provincia ndr), appare oltremodo insolito che tra questi non figuri il dottor Provolo». Perché altrimenti, sottolinea il legale, «la circostanza che il prefetto di Pescara non figuri tra gli indagati per la morte di quelle 29 persone può solo significare che il dottor Provolo, a differenza di tutti gli altri, abbia agito in maniera impeccabile, attivandosi con ogni mezzo e ponendo in essere ogni attività necessaria per evitare quanto accaduto».