Rosica: la ripresa va programmata adesso
Il fondatore dell'Automotive: bene l'export ma il futuro dipende dalle piccole imprese
ATESSA. L'Abruzzo è legato alle decisioni della politica nazionale che ne condiziona lo sviluppo. Ma bisogna voltare pagina, ci vuole più coordinamento e le piccole realtà devono imparare ad aggregarsi. Pietro Rosica, presidente delle piccole e medie imprese di Confindustria è convinto che l'Abruzzo ce la farà. «Ma ci vuole un progetto», spiega.
Rosica è stato tra i fondatori del Cisi (Consorzio imprese subfornitura Italia) ed è attuale presidente delle Pmi (Piccole e medie imprese) di Confindustria Chieti. Il suo punto di vista è utile per capire anche il futuro industriale dell'Abruzzo.
Quanto pesa sulla ripresa la sfiducia degli imprenditori abruzzesi in questo momento?
«La sfiducia è un elemento reale, ma fa parte della crisi. E' la crisi che non ci permette di invadere i mercati, ma bisogna soffermarsi sulla foresta che cresce piuttosto che all'albero che cade. Finora abbiamo colto un momento, quello delle grandi multinazionali, che non esiste più. Bisogna capire che oggi il futuro è in mano al tessuto delle piccole imprese».
A chi attribuire la lentezza nella ripresa?
«C'è un urgente bisogno di un forte e deciso coordinamento politico. Abbiamo avuto il terremoto giudiziario della giunta Del Turco, la crisi economica, il terremoto dell'Aquila: ora dobbiamo cominciare a discutere di programmi lunghi e la politica deve credere di più in progetti come il Campus che devono partire subito e non aspettare i tempi biblici della burocrazia e dei ritardi nei finanziamenti. E sulle infrastrutture c'è ancora molto da fare, un territorio raggiungibile solo via autostrada è destinato a morire. Sono tre i progetti su cui puntare: il Campus Automotive, un centro di manutenzione per gli aerei nell'Areoporto d'Abruzzo e un centro di manutenzione per i treni. Con questi soli elementi la Provincia di Chieti sarebbe già ripartita».
Quali sono i tempi dell'export abruzzese? Qual è la prossima sfida?
«Se l'export non decolla significa che non abbiamo prodotti vincenti. In questo, però, il Campus automotive può aiutarci. Non dobbiamo più vendere soltanto dei pezzi, ma dei sistemi. I bulloni e le rondelle, per fare un esempio, si vendono a chilo, ma i bulloni speciali in acciaio inox per il settore alimentare si vendono a pezzo e sono costosissimi: è questa la sfida, occupare non più solo le tute blu, ma anche ingegneri, esperti, professionisti. In tutto il 2012 soffriremo moltissimo, ma si può cominciare da ora a programmare la ripresa e la politica deve fare la sua parte, essere ricettiva e credere nelle sfide che le si presentano».
Cosa direbbe per convincere a investire in Abruzzo?
«Che le persone sono leali, che c'è una storia degli ultimi 40 anni che racconta l'arrivo di multinazionali che qui hanno avuto successo, che abbiamo prodotti che esportiamo in tutto il mondo. Abbiamo le radici, ora c'è bisogno di forze nuove».
Rosica è stato tra i fondatori del Cisi (Consorzio imprese subfornitura Italia) ed è attuale presidente delle Pmi (Piccole e medie imprese) di Confindustria Chieti. Il suo punto di vista è utile per capire anche il futuro industriale dell'Abruzzo.
Quanto pesa sulla ripresa la sfiducia degli imprenditori abruzzesi in questo momento?
«La sfiducia è un elemento reale, ma fa parte della crisi. E' la crisi che non ci permette di invadere i mercati, ma bisogna soffermarsi sulla foresta che cresce piuttosto che all'albero che cade. Finora abbiamo colto un momento, quello delle grandi multinazionali, che non esiste più. Bisogna capire che oggi il futuro è in mano al tessuto delle piccole imprese».
A chi attribuire la lentezza nella ripresa?
«C'è un urgente bisogno di un forte e deciso coordinamento politico. Abbiamo avuto il terremoto giudiziario della giunta Del Turco, la crisi economica, il terremoto dell'Aquila: ora dobbiamo cominciare a discutere di programmi lunghi e la politica deve credere di più in progetti come il Campus che devono partire subito e non aspettare i tempi biblici della burocrazia e dei ritardi nei finanziamenti. E sulle infrastrutture c'è ancora molto da fare, un territorio raggiungibile solo via autostrada è destinato a morire. Sono tre i progetti su cui puntare: il Campus Automotive, un centro di manutenzione per gli aerei nell'Areoporto d'Abruzzo e un centro di manutenzione per i treni. Con questi soli elementi la Provincia di Chieti sarebbe già ripartita».
Quali sono i tempi dell'export abruzzese? Qual è la prossima sfida?
«Se l'export non decolla significa che non abbiamo prodotti vincenti. In questo, però, il Campus automotive può aiutarci. Non dobbiamo più vendere soltanto dei pezzi, ma dei sistemi. I bulloni e le rondelle, per fare un esempio, si vendono a chilo, ma i bulloni speciali in acciaio inox per il settore alimentare si vendono a pezzo e sono costosissimi: è questa la sfida, occupare non più solo le tute blu, ma anche ingegneri, esperti, professionisti. In tutto il 2012 soffriremo moltissimo, ma si può cominciare da ora a programmare la ripresa e la politica deve fare la sua parte, essere ricettiva e credere nelle sfide che le si presentano».
Cosa direbbe per convincere a investire in Abruzzo?
«Che le persone sono leali, che c'è una storia degli ultimi 40 anni che racconta l'arrivo di multinazionali che qui hanno avuto successo, che abbiamo prodotti che esportiamo in tutto il mondo. Abbiamo le radici, ora c'è bisogno di forze nuove».
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