Sanità, legittime le nuove tariffe
Il Consiglio di Stato annulla la sentenza del Tar, la Regione vince sui privati
PESCARA. La Regione vince un nuovo round contro le cliniche private. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dell'ente contro la sentenza del Tar che accogliendo i rilievi delle cliniche (Pierangeli, Spatocco ed altre) aveva annullato la delibera di giunta del luglio 2007 in cui si aggiornavano le tariffe per le prestazioni di assistenza ospedaliera con retroattività al 1º gennaio dello stesso anno. Certamente una vittoria del commissario Gianni Chiodi, ma anche una vittoria dell'assessore regionale alla Sanità dell'epoca, il Pd Bernardo Mazzocca, che aveva firmato la delibera.
Le cliniche contestavano tre aspetti della questione: l'aggiornamento delle tariffe fatto sulla base di costi standard delle strutture pubbliche; la retroattività del provvedimento; la illegittimità della Regione a opporre ricorso in presenza di un commissariamento.
Riguardo all'ultima questione il Consiglio di Stato ha dato torto ai ricorrenti in quanto «la Regione Abruzzo è portatrice di un interesse giuridicamente qualificato alla impugnativa della sentenza emessa dal Tar Abruzzo che ha annullato la delibera di aggiornamento delle tariffe per le prestazioni di assistenza ospedaliera, trattandosi di un atto sicuramente incidente sul bilancio della Regione e produttivo di effetti coinvolgenti la Regione sia nei suoi rapporti con il Governo centrale, per il rispetto degli accordi presi per il piano di rientro dai disavanzi del settore sanità, sia con i propri abitanti, per le prestazioni sanitarie che, in relazione alla determinazione dei tetti di spesa, possono ricevere dal servizio pubblico».
Rispetto al rilievo, accolto dal Tar, secondo cui le delibere impugnate «hanno tenuto conto dei costi desunti dalle sole strutture pubbliche e non anche da quelle private», e che «la Regione ha recepito quale riferimento le tariffe ministeriali del 2006, che a loro volta confermano quelle risalenti al 1996, ulteriormente decurtandole, in spregio alla considerazione che in dieci anni i costi dei fattori produttivi, quantomeno quelli relativi alla remunerazione del personale e quelli fissi, sono lievitati e non certo diminuiti», il consiglio di Stato rileva «non condivisibili» le argomentazioni.
Le quali, dicono i giudici, «non tengono conto che la istruttoria è stata effettuata sulla base di un campione ragionevolmente significativo delle tariffe, prendendo in considerazione, in una situazione emergenziale caratterizzata dalla urgenza a provvedere quale quella in cui sono stati adottati siffatti provvedimenti disciplinanti il rientro dal disavanzo, tutti gli elementi di cui era possibile disporre, utili per la ricostruzione dei costi per le prestazioni ospedaliere». E che «quand'anche, in ipotesi, una carenza istruttoria fosse ipotizzabile, questa si è risolta, nei fatti, in un evidente vantaggio per le strutture private che sotto tale profilo non hanno evidenziato un sicuro interesse all'annullamento delle delibere impugnate». L'istruttoria, specifica ancora il Consiglio di Stato, «è stata in concreto effettuata con riferimento a cinque presidi ospedalieri della Regione, assorbenti il 40% della domanda ospedaliera regionale, con prestazioni corrispondenti la quasi totalità delle discipline ospedaliere». Infine sulla retroattività il Consiglio di Stato dà ragione alla Regione in quanto «la retrodatazione delle tariffe era finalizzata a remunerare prestazioni che non erano riconducibili ad alcuna tariffa vigente». In conclusione, la Regione potrà mettersi al riparo dal rischio di ulteriori contenziosi economici, in vista anche di un consolidamento del bilancio 2010 che per la prima volta ha virato sul nero. (a.d.f.)
Le cliniche contestavano tre aspetti della questione: l'aggiornamento delle tariffe fatto sulla base di costi standard delle strutture pubbliche; la retroattività del provvedimento; la illegittimità della Regione a opporre ricorso in presenza di un commissariamento.
Riguardo all'ultima questione il Consiglio di Stato ha dato torto ai ricorrenti in quanto «la Regione Abruzzo è portatrice di un interesse giuridicamente qualificato alla impugnativa della sentenza emessa dal Tar Abruzzo che ha annullato la delibera di aggiornamento delle tariffe per le prestazioni di assistenza ospedaliera, trattandosi di un atto sicuramente incidente sul bilancio della Regione e produttivo di effetti coinvolgenti la Regione sia nei suoi rapporti con il Governo centrale, per il rispetto degli accordi presi per il piano di rientro dai disavanzi del settore sanità, sia con i propri abitanti, per le prestazioni sanitarie che, in relazione alla determinazione dei tetti di spesa, possono ricevere dal servizio pubblico».
Rispetto al rilievo, accolto dal Tar, secondo cui le delibere impugnate «hanno tenuto conto dei costi desunti dalle sole strutture pubbliche e non anche da quelle private», e che «la Regione ha recepito quale riferimento le tariffe ministeriali del 2006, che a loro volta confermano quelle risalenti al 1996, ulteriormente decurtandole, in spregio alla considerazione che in dieci anni i costi dei fattori produttivi, quantomeno quelli relativi alla remunerazione del personale e quelli fissi, sono lievitati e non certo diminuiti», il consiglio di Stato rileva «non condivisibili» le argomentazioni.
Le quali, dicono i giudici, «non tengono conto che la istruttoria è stata effettuata sulla base di un campione ragionevolmente significativo delle tariffe, prendendo in considerazione, in una situazione emergenziale caratterizzata dalla urgenza a provvedere quale quella in cui sono stati adottati siffatti provvedimenti disciplinanti il rientro dal disavanzo, tutti gli elementi di cui era possibile disporre, utili per la ricostruzione dei costi per le prestazioni ospedaliere». E che «quand'anche, in ipotesi, una carenza istruttoria fosse ipotizzabile, questa si è risolta, nei fatti, in un evidente vantaggio per le strutture private che sotto tale profilo non hanno evidenziato un sicuro interesse all'annullamento delle delibere impugnate». L'istruttoria, specifica ancora il Consiglio di Stato, «è stata in concreto effettuata con riferimento a cinque presidi ospedalieri della Regione, assorbenti il 40% della domanda ospedaliera regionale, con prestazioni corrispondenti la quasi totalità delle discipline ospedaliere». Infine sulla retroattività il Consiglio di Stato dà ragione alla Regione in quanto «la retrodatazione delle tariffe era finalizzata a remunerare prestazioni che non erano riconducibili ad alcuna tariffa vigente». In conclusione, la Regione potrà mettersi al riparo dal rischio di ulteriori contenziosi economici, in vista anche di un consolidamento del bilancio 2010 che per la prima volta ha virato sul nero. (a.d.f.)
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