SanStefar, calvario senza fine
Oltre 400 operatori costretti a garantire gratis il diritto alla salute
PESCARA. Sono passati sette mesi dal fallimento di Villa Pini e sembra del tutto archiviato il calvario dei quattrocento lavoratori dei centri SanStefar. «Angeli all'inferno», li definisce il responsabile regionale degli ambulatori privati abruzzesi, Domenico Rega. «Angeli caduti» nel tritacarne della bancarotta societaria e per questo privati di ogni diritto. «Operatori sanitari costretti da un infausto destino», afferma Rega, «a diventare schiavi del diritto altrui. Prima era Angelini a non pagare, oggi è la curatela a non retribuirli. Perché, ma è la solita canzone, sono le Asl che non pagano».
Il paradosso degli addetti SanStefar è quello di dover continuare a garantire assistenza ai malati, pur sapendo che non riscuoteranno un euro. Neppure a titolo di salario assistito, proprio in quanto il lavoro ce l'hanno. Gli unici a condividere questa condizione, che sa di drammatica beffa in tempi ordinari di crisi, sono i lavoratori del Maristella, un'altra società che faceva capo al gruppo sanitario privato travolto dal crac.
«I termini della disperazione sono appunto questi», spiega Rega, «i centri SanStefar erogano esclusivamente prestazioni ambulatoriali e gli operatori sono costretti a rinunciare alla cassa integrazione per la grande richiesta di sanità da parte dei cittadini, soprattutto bambini, che hanno bisogno di cure riabilitative. I lavoratori sono stanchi, esausti, disperati. La politica», prosegue Rega, «li ha abbandonati e le Asl, senza un coordinamento regionale, non erogano fondi alla curatela fallimentare, che a sua volta non paga gli operatori».
Sulla singolare vertenza dei centri SanStefar interviene il coordinatore per la sanità privata della Cisl, Davide Farina, che accusa di «latitanza» l'assessore alla Sanità, Lanfranco Venturoni.
«Più volte», attacca Farina, «l'assessore Venturoni ha dichiarato e sostenuto che la migliore soluzione possibile per i lavoratori fosse il fallimento dell'azienda, indicata come unica strada praticabile affinchè, fin dal giorno dopo, si sarebbe potuta sbloccare la impasse sui pagamenti delle fatturazioni da parte delle Asl, quindi la possibilità di tornare alla regolare retribuzione degli stipendi come da ormai circa tre anni non accade più».
La tesi del fallimento è sempre stata osteggiata dalla Cisl, perché a giudizio del sindacato «la chiusura per fallimento di un'azienda non può mai costituire motivo di soddisfazione. Purtroppo», sottolinea Farina, «la nostra posizione di grande preoccupazione viene nostro malgrado del tutto confermata dalla drammatica condizione odierna dei 400 operatori».
Dal giorno del fallimento Sanstefar, il 24 maggio scorso, l'azienda affidata all'esercizio provvisorio della curatrice, Giuseppina Ivone, ha fatturato circa 4 milioni di euro, ma fino a oggi sono stati liquidati appena 320 mila euro da parte della Asl di Chieti.
«Pagamenti da ascrivere», riprende Farina, «esclusivamente alla sensibilità dimostrata dal direttore generale Francesco Zavattaro, che ha deciso di tagliare lacci e lacciuoli della burocrazia pur di garantire un piccolo acconto sulle competenze di maggio e inizio giugno, circa 500 euro, per i 400 addetti dei 17 centri abruzzesi. Nessuna traccia invece degli altri 3.5 milioni di euro, che costituiscono una risorsa vitale per la sopravvivenza dell'esercizio provvisorio, e per il futuro stesso dell'azienda. Tutto questo in barba alla promesse dell'assessore Venturoni».
Il paradosso degli addetti SanStefar è quello di dover continuare a garantire assistenza ai malati, pur sapendo che non riscuoteranno un euro. Neppure a titolo di salario assistito, proprio in quanto il lavoro ce l'hanno. Gli unici a condividere questa condizione, che sa di drammatica beffa in tempi ordinari di crisi, sono i lavoratori del Maristella, un'altra società che faceva capo al gruppo sanitario privato travolto dal crac.
«I termini della disperazione sono appunto questi», spiega Rega, «i centri SanStefar erogano esclusivamente prestazioni ambulatoriali e gli operatori sono costretti a rinunciare alla cassa integrazione per la grande richiesta di sanità da parte dei cittadini, soprattutto bambini, che hanno bisogno di cure riabilitative. I lavoratori sono stanchi, esausti, disperati. La politica», prosegue Rega, «li ha abbandonati e le Asl, senza un coordinamento regionale, non erogano fondi alla curatela fallimentare, che a sua volta non paga gli operatori».
Sulla singolare vertenza dei centri SanStefar interviene il coordinatore per la sanità privata della Cisl, Davide Farina, che accusa di «latitanza» l'assessore alla Sanità, Lanfranco Venturoni.
«Più volte», attacca Farina, «l'assessore Venturoni ha dichiarato e sostenuto che la migliore soluzione possibile per i lavoratori fosse il fallimento dell'azienda, indicata come unica strada praticabile affinchè, fin dal giorno dopo, si sarebbe potuta sbloccare la impasse sui pagamenti delle fatturazioni da parte delle Asl, quindi la possibilità di tornare alla regolare retribuzione degli stipendi come da ormai circa tre anni non accade più».
La tesi del fallimento è sempre stata osteggiata dalla Cisl, perché a giudizio del sindacato «la chiusura per fallimento di un'azienda non può mai costituire motivo di soddisfazione. Purtroppo», sottolinea Farina, «la nostra posizione di grande preoccupazione viene nostro malgrado del tutto confermata dalla drammatica condizione odierna dei 400 operatori».
Dal giorno del fallimento Sanstefar, il 24 maggio scorso, l'azienda affidata all'esercizio provvisorio della curatrice, Giuseppina Ivone, ha fatturato circa 4 milioni di euro, ma fino a oggi sono stati liquidati appena 320 mila euro da parte della Asl di Chieti.
«Pagamenti da ascrivere», riprende Farina, «esclusivamente alla sensibilità dimostrata dal direttore generale Francesco Zavattaro, che ha deciso di tagliare lacci e lacciuoli della burocrazia pur di garantire un piccolo acconto sulle competenze di maggio e inizio giugno, circa 500 euro, per i 400 addetti dei 17 centri abruzzesi. Nessuna traccia invece degli altri 3.5 milioni di euro, che costituiscono una risorsa vitale per la sopravvivenza dell'esercizio provvisorio, e per il futuro stesso dell'azienda. Tutto questo in barba alla promesse dell'assessore Venturoni».
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