LA MOBILTAZIONE
Scuola, mille insegnanti dall’Abruzzo si uniscono alla protesta
Dieci pullman di docenti e quattro di studenti hanno raggiunto la capitale per la manifestazione nazionale di questa mattina contro la riforma
PESCARA. Saranno almeno mille gli insegnanti di ogni ordine e grado che stamattina, dalle quattro province della regione, partiranno per Roma per andare a manifestare per la modifica del disegno di legge del governo Renzi, «La buona scuola».
I sindacati hanno infatti informato ieri che saranno circa venti i pullman in partenza dall’Abruzzo, ai quali si dovrebbero aggiungere anche delle automobili private, più altri quattro autobus, questa volta di studenti, sempre da ciascuna provincia della regione. Insomma, una mobilitazione generale, per lo sciopero indetto per oggi dal mondo della scuola, da cui i sindacati regionali si aspettano un’adesione quasi totale, e per il quale «più del 50% delle scuole regionali oggi rimarranno chiuse», ha ipotizzato Cinzia Angrilli, della Flc Cgil Abruzzo, in una conferenza stampa che si è tenuta ieri pomeriggio a Pescara, nella sede della Cgil, e alla quale hanno preso parte anche Davide Desiati, della Cisl scuola Abruzzo-Molise, Enio Taglieri, della Uil Scuola Abruzzo, Carlo Frascari, della Confsal Abruzzo (nonché dirigente scolastico dell’Ipsias “Di Marzio” di Pescara) e Patrizia Vaini, della Fgu Gilda Abruzzo.
Uno sciopero che oggi, per quanto riguarderà l’Abruzzo, si rivolge a 17.000 insegnanti di ruolo, più circa altri 3.000, hanno reso noto i sindacati, tra insegnanti di sostegno e supplenti.
Dunque, una carica, fatti due conti, di ventimila docenti, che con percentuali «bulgare», si prevede, diranno «no» alla riforma della scuola proposta dal governo, attualmente in discussione alla Camera. Anche se, nelle settimane scorse, su una delle questioni più invise della riforma, quella relativa al ruolo dei presidi, Renzi, dopo una riunione all’interno del Partito democratico, ha fatto marcia indietro.
Da «sindaci» con superpoteri, come previsto in precedenza, i presidi non dovrebbero avere più un potere quasi assoluto, in quanto il piatto della bilancia è tornato a pendere dalla parte del consiglio d’istituto. Con il passo indietro del premier le facoltà assegnate ai dirigenti scolastici ora dovranno essere sottoposte al voto dei docenti. Inoltre, il preside sarà affiancato da una squadra di tre insegnanti, scelti dal collegio dei docenti, e non più da egli stesso.
Le cause principali dello sciopero, per i sindacati, riguardano poi «il sistema di chiamata dei docenti», ha evidenziato Taglieri, «in quanto verranno scelti dai presidi attraverso una lista divisa per albi territoriali»; «una chiamata», ha aggiunto Frascari, «per la quale oggi non si conoscono neanche i criteri che verranno utilizzati». Tra gli altri punti, anche la richiesta per la stabilizzazione di tutti i precari, «la salvaguardia della democrazia scolastica» e la richiesta di «una riforma condivisa».
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