«Scuola, rientro drammatico»
Bonifaci: in Abruzzo tagliati 1.636 posti, didattica in ginocchio.
PESCARA.«La scuola in Abruzzo a settembre sarà più povera e disorganizzata, sarà più difficile organizzare la didattica e per i genitori faticoso gestire i figli». E’ questo lo scenario con cui si aprirà il nuovo anno scolastico secondo Paola Bonifaci della Flc-Cgil. La crisi evocata dalla sindacalista nasce dai tagli previsti dalla Legge Gelmini. Secondo il calcolo della Cgil il «piano Gelmini» prevede tagli nella scuola abruzzese che toccheranno 1.636 unità. Una riduzione che creerà problemi alla didattica in particolare in quelle aree interne che hanno meno scuole e servizi. «Più di 1.100 sono i docenti di diritto e 110 quelli di fatto, che sono considerati in esubero», calcola la Bonifaci, «ai quali si aggiungono 418 operatori del personale Ata, ossia il 17% dell’organico.
Cinquecento precari perderanno il posto di lavoro, mentre tanti docenti andranno in soprannumero. Che fine faranno? La maggior parte degli insegnanti saranno trasferiti in sedi lontane, con costi aggiuntivi per le loro tasche per spostarsi dal luogo di residenza a quello di lavoro. Altri saranno utilizzati per le supplenze o per colmare gli spezzoni orari». Il risultato, secondo la Bonifaci, saranno conseguenze pesanti sulla didattica. «Aumenterà il numero degli alunni per classi», racconta la responsabile del settore scuola della Cgil, «che arriveranno anche a 32-36 per classe, con ripercussioni negative soprattutto per le classi che accolgono disabili».
«Questa è ordinaria follia del ministro», dice la Bonifaci che parla a nome del comitato permanente di tutte le organizzazioni sindacali scolastiche (Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals, Federazione Gilda Unams). Per sindacati e associazioni il ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini, «porta avanti una politica dei tagli e “del tutto va bene”, che danneggia il paese perché dice il falso» e si preparano a tutto, «anche a organizzare iniziative forti di protesta se le cose non dovessero cambiare». A essere penalizzati sarebbero dunque prima di tutto gli studenti e le loro famiglie, che finora hanno potuto contare sul rientro pomeridiano due volte a settimana e sul tempo pieno per le materne e le elementari.
Anche in questo caso, sottolinea la Bonifaci, c’è un’Italia divisa in due: «le scuole del centro sud escono penalizzate dalla riduzione del tempo pieno rispetto a quelle del nord». «L’Abruzzo è tra quelle regioni che non hanno mai seriamente investito in politiche sociali, i comuni non hanno quasi mai la liquidità per aprire asili oppure organizzare attività pomeridiane, corsi, progetti, laboratori, pagare mense scolastiche e provvedere ai trasporti dei loro studenti».
Cinquecento precari perderanno il posto di lavoro, mentre tanti docenti andranno in soprannumero. Che fine faranno? La maggior parte degli insegnanti saranno trasferiti in sedi lontane, con costi aggiuntivi per le loro tasche per spostarsi dal luogo di residenza a quello di lavoro. Altri saranno utilizzati per le supplenze o per colmare gli spezzoni orari». Il risultato, secondo la Bonifaci, saranno conseguenze pesanti sulla didattica. «Aumenterà il numero degli alunni per classi», racconta la responsabile del settore scuola della Cgil, «che arriveranno anche a 32-36 per classe, con ripercussioni negative soprattutto per le classi che accolgono disabili».
«Questa è ordinaria follia del ministro», dice la Bonifaci che parla a nome del comitato permanente di tutte le organizzazioni sindacali scolastiche (Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals, Federazione Gilda Unams). Per sindacati e associazioni il ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini, «porta avanti una politica dei tagli e “del tutto va bene”, che danneggia il paese perché dice il falso» e si preparano a tutto, «anche a organizzare iniziative forti di protesta se le cose non dovessero cambiare». A essere penalizzati sarebbero dunque prima di tutto gli studenti e le loro famiglie, che finora hanno potuto contare sul rientro pomeridiano due volte a settimana e sul tempo pieno per le materne e le elementari.
Anche in questo caso, sottolinea la Bonifaci, c’è un’Italia divisa in due: «le scuole del centro sud escono penalizzate dalla riduzione del tempo pieno rispetto a quelle del nord». «L’Abruzzo è tra quelle regioni che non hanno mai seriamente investito in politiche sociali, i comuni non hanno quasi mai la liquidità per aprire asili oppure organizzare attività pomeridiane, corsi, progetti, laboratori, pagare mense scolastiche e provvedere ai trasporti dei loro studenti».