Stipendi in Regione, dimenticati i tagli

Ferma da mesi la riforma delle indennità dei consiglieri. E il bilancio fa acqua.

PESCARA. È passata Pasqua e passerà anche Natale, ma gli stipendi dei consiglieri regionali nessuno li ha ancora toccati nonostante le ripetute promesse di riduzione. Le due proposte di legge di Idv e Pd non sono mai state esaminate.
Ma soprattutto la famosa bozza di riforma appaltata dal presidente del Consiglio Nazario Pagano a una commissione di tecnici non ha ancora trovato forma in un testo di legge. La bozza era pronta a settembre. Siamo a dicembre in piena sessione di bilancio, se ne riparlerà probabilmente l’anno prossimo. Intanto gli stipendi sono tornati al 100% del loro valore iniziale (4.800 euro netti più 3.200 di rimborsi spesa), dopo che il taglio del 10% deciso dal precedente consiglio regionale è decaduto con la fine prematura della legislatura.

Al tempo l’assemblea decise di tagliare l’indennità, abolendo anche l’aumento automatico agganciato agli stipendi dei parlamentari, dopo le introduzioni delle maggiori aliquote Irpef e Irap a causa del buco della sanità regionale (agli abruzzesi costano una media di 300 euro l’anno procapite). Oggi il buco sta ancora lì (e anzi rischia di allargarsi di 60 milioni per la mobilità passiva dei pazienti causata dal terremoto, come ha denunciato su questo giornale l’assessore alla sanità Lanfranco Venturoni), mentre il bilancio che da martedì sarà discusso in Consiglio è asfittico e addirittura zoppo di almeno 70 milioni di euro. In più il patto per la salute sottoscritto da Regioni e governo rischia di portare nelle case degli abruzzesi aliquote ancora più alte se il piano di risanamento della giunta non funziona a dovere, cioè se si sfora del 5% sul budget stabilito.

Dunque le ragioni per il taglio degli stipendi sono ancora tutte lì, e anzi sono persino più pressanti tenendo conto anche del terremoto.
Nel frattempo il governo continuana chiudere il rubinetto dei trasferimenti. Nel maxiemendamento alla Finanziaria approvata in commissione ha disposto una riduzione del contributo base ai Comuni e alle Province di 229 milioni. Dovranno rimediare con il taglio del 20% del numero dei consiglieri comunali, con l’imposizione di tetto agli assessori comunali e provinciali (le giunte dovranno essere al massimo un quinto del numero dei consiglieri); con l’obbligo per i comuni di tagliare i difensori civici. Infine viene sancito il passaggio definitivo delle Comunità montane sotto l’egida delle Regioni e saranno ora i governatori a decidere se abolirle o meno.

Questione non da poco, soprattutto per una regione montuosa come l’Abruzzo, perché da Roma non arriverà più neanche un euro per le comunità montane mentre verrà conservata una forma di finanziamento per i comuni montani sopra i 600 metri.
Tornando al taglio delle indennità consiliari, questo comporterà un risparmio di appena un milione di euro l’anno, ma simbolicamente conserva un suo valore, come hanno riconosciuto sia Pagano che il governatore Chiodi. L’importante è non dimenticarsene. La bozza di riforma (100 cartelle) esiste e ha un titolo: “Testo unico delle norme sul trattamento economico e previdenziale spettante ai Consiglieri regionali”. Dovrebbe riformare e cancellare una cinquantina di interventi legislativi. Tra l’altro prevede uno stipendio che verrà calcolato sulla misura del 55% dell’indennità mensile lorda di un deputato (oggi è del 65%) e multe per gli assenteisti.