Testimone del pestaggio, morte sospetta
Domani l’autopsia, la famiglia del detenuto nomina il perito del delitto di Marta Russo
TERAMO. I familiari vogliono vederci chiaro e slitta a domani l’autopsia su Uzoma Emeka, il detenuto nigeriano di 32 anni morto venerdì nel carcere di Castrogno dopo essersi sentito male in cella ed essersi aggravato in infermeria. Emeka era il testimone oculare del presunto pestaggio di un detenuto, che sarebbe avvenuto tre mesi fa ad opera degli agenti di polizia penitenziaria, anche se finora davanti ai magistrati se l’era cavata con dei «non ricordo».
È vero che i primi riscontri fanno pensare a una morte naturale. Ma il fatto che sia morto proprio lui, per di più in circostanze da chiarire, ha fatto scattare l’allarme rosso a Castrogno. Venerdì in carcere insieme al pm Roberta D’Avolio è arrivata la squadra mobile, che ha avviato le indagini, e la procura ha disposto l’autopsia, affidata all’anatomopatologo Giuseppe Sciarra. L’esame doveva svolgersi ieri, ma sulla scena è piombata la famiglia del nigeriano. Che ha chiesto di partecipare all’autopsia con un proprio consulente di parte e l’ha individuato in Giulio Sacchetti. Il medico legale, docente all’università Tor Vergata di Roma, è noto soprattutto come esperto di balistica. Si deve a una sua consulenza la soluzione del delitto di Marta Russo, la studentessa uccisa all’università di Roma. Anche in Abruzzo ha fatto da consulente in diversi delitti.
I DUBBI. Gli inquirenti hanno subito ascoltato il medico di turno venerdì nel carcere di Castrogno. Da verificare l’ipotesi che possano esserci stati ritardi nelle cure prestate a Emeka. Che si è sentito male alle 9 nella cella dove scontava una pena di due anni per droga, è stato subito soccorso dalle guardie e portato in infermeria. Qui è stato sottoposto alle prime cure ma dopo qualche ora le sue condizioni si sono molto aggravate, al punto che in infermeria è stato defibrillato. Poi, visto quanto era grave, è stato chiamato il 118: ma era troppo tardi. I dubbi dei familiari sono anche altri, visto che a loro risulta che Emeka ultimamente assumesse antidepressivi e che in carcere avesse avuto un’intossicazione da alcol. Circostanze non confermate, l’autopsia dovrebbe chiarirle.
LE FRASI SHOCK. Sono sei gli indagati per il presunto pestaggio a cui assistè Emeka, e che sarebbe avvenuto il 22 settembre: si tratta dell’ex comandante Giuseppe Luzi, sospeso dal suo incarico dal ministro Alfano, di quattro agenti di polizia e del detenuto che sarebbe stato malmenato. Le ipotesi di reato contestate sono lesioni e abuso. Il detenuto, un italiano, è stato iscritto nel registro degli indagati perché gli agenti sostengono di essere stati aggrediti da lui. Il caso è esploso dopo la diffusione sui media del contenuto di un cd audio nel quale l’ex comandante Luzi dice a un sottoposto: «Il detenuto non si massacra in sezione, si massacra di sotto. Abbiamo rischiato la rivolta. C’era il negro che ha visto tutto». Ovviamente «il negro» era Emeka. Che davanti al pm ha detto di non ricordare il pestaggio, e che ora non potrà più dire nulla.
È vero che i primi riscontri fanno pensare a una morte naturale. Ma il fatto che sia morto proprio lui, per di più in circostanze da chiarire, ha fatto scattare l’allarme rosso a Castrogno. Venerdì in carcere insieme al pm Roberta D’Avolio è arrivata la squadra mobile, che ha avviato le indagini, e la procura ha disposto l’autopsia, affidata all’anatomopatologo Giuseppe Sciarra. L’esame doveva svolgersi ieri, ma sulla scena è piombata la famiglia del nigeriano. Che ha chiesto di partecipare all’autopsia con un proprio consulente di parte e l’ha individuato in Giulio Sacchetti. Il medico legale, docente all’università Tor Vergata di Roma, è noto soprattutto come esperto di balistica. Si deve a una sua consulenza la soluzione del delitto di Marta Russo, la studentessa uccisa all’università di Roma. Anche in Abruzzo ha fatto da consulente in diversi delitti.
I DUBBI. Gli inquirenti hanno subito ascoltato il medico di turno venerdì nel carcere di Castrogno. Da verificare l’ipotesi che possano esserci stati ritardi nelle cure prestate a Emeka. Che si è sentito male alle 9 nella cella dove scontava una pena di due anni per droga, è stato subito soccorso dalle guardie e portato in infermeria. Qui è stato sottoposto alle prime cure ma dopo qualche ora le sue condizioni si sono molto aggravate, al punto che in infermeria è stato defibrillato. Poi, visto quanto era grave, è stato chiamato il 118: ma era troppo tardi. I dubbi dei familiari sono anche altri, visto che a loro risulta che Emeka ultimamente assumesse antidepressivi e che in carcere avesse avuto un’intossicazione da alcol. Circostanze non confermate, l’autopsia dovrebbe chiarirle.
LE FRASI SHOCK. Sono sei gli indagati per il presunto pestaggio a cui assistè Emeka, e che sarebbe avvenuto il 22 settembre: si tratta dell’ex comandante Giuseppe Luzi, sospeso dal suo incarico dal ministro Alfano, di quattro agenti di polizia e del detenuto che sarebbe stato malmenato. Le ipotesi di reato contestate sono lesioni e abuso. Il detenuto, un italiano, è stato iscritto nel registro degli indagati perché gli agenti sostengono di essere stati aggrediti da lui. Il caso è esploso dopo la diffusione sui media del contenuto di un cd audio nel quale l’ex comandante Luzi dice a un sottoposto: «Il detenuto non si massacra in sezione, si massacra di sotto. Abbiamo rischiato la rivolta. C’era il negro che ha visto tutto». Ovviamente «il negro» era Emeka. Che davanti al pm ha detto di non ricordare il pestaggio, e che ora non potrà più dire nulla.