«Un posto di lavoro in cambio di voti»
L’accusa a Iovino: concorso pilotato per aiutare D’Amico e un consigliere uscente
PESCARA. Un posto di lavoro in cambio dei voti per essere rieletto. Per la procura di Pescara è questo lo scambio che avrebbe legato in un patto Antonio Iovino, il dirigente regionale arrestato mercoledì nel suo ufficio dell’Aquila con l’accusa di aver pilotato concorsi pubblici, l’ex assessore Giovanni D’Amico, oggi vice presidente del consiglio regionale, e Nazzareno Fidanza, presidente dell’ente parco Sirente-Velino. Il posto di lavoro sarebbe stato quello di Fabio Fidanza, 27 anni, figlio di Nazzareno, i voti quelli necessari a D’Amico e a un altro consigliere uscente del centrosinistra (che non è indagato) per superare la prova delle urne alle regionali del dicembre 2008.
Il concorso è quello per quattro posti di assistente contabile a cui Fidanza avrebbe partecipato senza avere i requisiti. Iovino, sostiene l’accusa, si impegna a sistemare le cose, ma poiché il giovane continua a figurare nella lista dei non ammessi, il padre si preoccupa e sollecita D’Amico. Questi, a sua volta, si rivolge al dirigente con un sms: «Antonio, Fidanza dice che ha visto l’elenco ed è stato escluso un’altra volta, e questo crea problemi sia a me che a X» scrive. Con l’interessamento del dirigente arrestato, il concorso viene superato: secondo l’accusa, i candidati avrebbero sanato la loro posizione presentando documenti in cui sarebbe stato attestato falsamente che in realtà i requisiti c’erano.
Poco dopo, però, le intercettazioni rilevano un moto di rabbia di Iovino nei confronti di Nazzareno Fidanza, perché ritiene che questi non si stia dando abbastanza da fare per procurare voti all’assessore uscente e al suo collega consigliere. «Tanto ce l’ho io il coltello dalla parte del manico, perché le buste non sono state ancora aperte» dice il dirigente in una conversazione. Come dire: è lui il presidente della commissione d’esame, quindi il risultato del figlio di Fidanza è appeso alle sue decisioni. Anche il consigliere uscente è preoccupato, la polizia registra le sue telefonate a Iovino: «Come sta andando?» chiede. L’altro lo rassicura: mi sto impegnando, risponde. Il 16 dicembre, Giovanni D’Amico risulterà rieletto, il consigliere uscente per cui aveva chiesto il sostegno di Fidanza non ce la farà per una manciata di voti.
A elezioni concluse, gli uomini della Digos di Pescara, guidati da Claudio Mastromattei, analizzano i dati per capire in che modo quello che chiamano «il sistema Iovino» abbia influenzato il risultato e scoprono che nei paesi del Parco Sirente-Velino, centri che a volte contano poche centinaia di abitanti, il numero dei voti riservati ai due candidati che il presidente dell’ente si sarebbe impegnato a sostenere è elevato: su 4775 voti, nei centri del parco D’Amico ha ottenuto 494 preferenze; nelle stesse zone, il consigliere suo amico ne ha ottenuti 911. Adesso le accuse mosse a Iovino e agli altri nove indagati dal pm Gennaro Varone dovranno essere provate. Il dirigente arrestato (è ai domiciliari) sarà interrogato lunedì in procura, a Pescara, dal gip Guido Campli.
Il concorso è quello per quattro posti di assistente contabile a cui Fidanza avrebbe partecipato senza avere i requisiti. Iovino, sostiene l’accusa, si impegna a sistemare le cose, ma poiché il giovane continua a figurare nella lista dei non ammessi, il padre si preoccupa e sollecita D’Amico. Questi, a sua volta, si rivolge al dirigente con un sms: «Antonio, Fidanza dice che ha visto l’elenco ed è stato escluso un’altra volta, e questo crea problemi sia a me che a X» scrive. Con l’interessamento del dirigente arrestato, il concorso viene superato: secondo l’accusa, i candidati avrebbero sanato la loro posizione presentando documenti in cui sarebbe stato attestato falsamente che in realtà i requisiti c’erano.
Poco dopo, però, le intercettazioni rilevano un moto di rabbia di Iovino nei confronti di Nazzareno Fidanza, perché ritiene che questi non si stia dando abbastanza da fare per procurare voti all’assessore uscente e al suo collega consigliere. «Tanto ce l’ho io il coltello dalla parte del manico, perché le buste non sono state ancora aperte» dice il dirigente in una conversazione. Come dire: è lui il presidente della commissione d’esame, quindi il risultato del figlio di Fidanza è appeso alle sue decisioni. Anche il consigliere uscente è preoccupato, la polizia registra le sue telefonate a Iovino: «Come sta andando?» chiede. L’altro lo rassicura: mi sto impegnando, risponde. Il 16 dicembre, Giovanni D’Amico risulterà rieletto, il consigliere uscente per cui aveva chiesto il sostegno di Fidanza non ce la farà per una manciata di voti.
A elezioni concluse, gli uomini della Digos di Pescara, guidati da Claudio Mastromattei, analizzano i dati per capire in che modo quello che chiamano «il sistema Iovino» abbia influenzato il risultato e scoprono che nei paesi del Parco Sirente-Velino, centri che a volte contano poche centinaia di abitanti, il numero dei voti riservati ai due candidati che il presidente dell’ente si sarebbe impegnato a sostenere è elevato: su 4775 voti, nei centri del parco D’Amico ha ottenuto 494 preferenze; nelle stesse zone, il consigliere suo amico ne ha ottenuti 911. Adesso le accuse mosse a Iovino e agli altri nove indagati dal pm Gennaro Varone dovranno essere provate. Il dirigente arrestato (è ai domiciliari) sarà interrogato lunedì in procura, a Pescara, dal gip Guido Campli.