Vince Chiodi, il Pdl esultaLite tra Veltroni e Di Pietro
Gianni Chiodi è il nuovo presidente della Regione Abruzzo. Il candidato del Pdl sfiora il 50 per cento mentre il deputato dipietrista Carlo Costantini, candidato del centrosinistra, si ferma al 43 per cento. Crolla il numero dei votanti: un abruzzese su due non si è recato alle urne
Vince il centrodestra con Gianni Chiodi, tracolla il Pd, trionfa Di Pietro, tiene l'Udc. Ma il primo partito in Abruzzo è però quello degli astenuti: quasi la metà di chi aveva diritto al voto non ha voluto recarsi ai seggi. La percentuale dei votanti crolla a poco meno del 53 per cento, oltre 15 punti percentuali in meno del 68,76 segnato nel 2005. A causa del maltempo, dicono i più benevoli. Per la delusione e il disgusto verso la politica e le istituzioni, assicurano quelli che hanno colto il segnale più allarmante.
A circa due terzi delle sezioni scrutinate, Il Pdl, assieme alla lista "Rialzati Abruzzo", supera il 42 per cento (aveva preso alle ultime politiche il 41,69), il Pd passa dal 33,5 delle politiche a poco più del 20, l'Idv dal 7 al 15, ma in qualche caso, come all'Aquila mette a segno addirittura il "sorpasso" con circa il 18,5 contro il 17,5 del Pd. L'Udc passa dal 5,9 a poco meno del 5.
Il voto abruzzese promette comunque di allungare i suoi effetti ben al di là della scena regionale. Specie all'interno del Pd dove Parisi e i dalemiani già mettono nel mirino Veltroni in vista del confronto-scontro della direzione del 19 dicembre. "Spero che rinsavisca", spara Parisi. Bisogna avviare una "riflessione politica rigorosa", minaccia Nicola La Torre, fedelissimo di D'Alema. E riesplode anche il confronto sulla politica delle alleanze: Di Pietro erode più voti a noi che agli avversari, sottolineano nel Pd. Giuseppe Fioroni sottolinea invece che in Abruzzo con un'alleanza con l'Udc (non voluta da Di Pietro) si sarebbe vinto. Casini si consola sostenendo che il suo partito ha tenuto, nonostante lo "scippo" di molti dirigenti da parte del Pdl.
Per quanto riguarda i numeri, l'altro dato che balza agli occhi è la diversa capacità di attrazione dei due candidati a presidente della Regione nei confronti delle rispettive coalizioni. La somma dei partiti del centrodestra raccoglie infatti poco più del 47 per cento, ma il suo candidato, Giovanni Chiodi, sale oltre il 49. Il contrario accade nel centrosinistra: mentre la coalizione è oltre il 45 per cento Carlo Costantini prende solo il 42, vale a dire tre punti e mezzo in meno. Segno inequivocabile di un elettorato che non si è amalgamato intorno al candidato dell'Italia dei valori, che probabilmente non è stato votato dai socialisti (poco meno del 2 per cento) e da parte della sinistra (Rifondazione poco meno del 3, la Sinistra il 2, i Comunisti italiani l'1,5) e da pezzi del Pd.
Veltroni commenta innanzitutto il dato "impressionante" dell'astensionismo. Ma non nega l'autocritica: "Vuol dire che c'è malessere, stanchezza e critica anche nei nostri confronti". E non si nasconde dietro a un dito: "Dobbiamo fare di più sulla questione etica". Anche se, aggiunge, "dobbiamo essere sereni con noi stessi e poi con gli altri e Berlusconi non si può permettere di parlare, perché‚ il 10 per cento dei suoi parlamentari ha problemi di questo tipo".
Di Pietro esulta per aver "quintuplicato" i voti (rispetto al 2005) e non risparmia frecciate al Pd. Rivendica infatti di aver sollevato la "questione morale" e accusa esplicitamente Veltroni: "I partiti che non sono né carne né pesce, che fanno riunioni, che dicono "ma anche" e che non si decidono vengono puniti".
A circa due terzi delle sezioni scrutinate, Il Pdl, assieme alla lista "Rialzati Abruzzo", supera il 42 per cento (aveva preso alle ultime politiche il 41,69), il Pd passa dal 33,5 delle politiche a poco più del 20, l'Idv dal 7 al 15, ma in qualche caso, come all'Aquila mette a segno addirittura il "sorpasso" con circa il 18,5 contro il 17,5 del Pd. L'Udc passa dal 5,9 a poco meno del 5.
Il voto abruzzese promette comunque di allungare i suoi effetti ben al di là della scena regionale. Specie all'interno del Pd dove Parisi e i dalemiani già mettono nel mirino Veltroni in vista del confronto-scontro della direzione del 19 dicembre. "Spero che rinsavisca", spara Parisi. Bisogna avviare una "riflessione politica rigorosa", minaccia Nicola La Torre, fedelissimo di D'Alema. E riesplode anche il confronto sulla politica delle alleanze: Di Pietro erode più voti a noi che agli avversari, sottolineano nel Pd. Giuseppe Fioroni sottolinea invece che in Abruzzo con un'alleanza con l'Udc (non voluta da Di Pietro) si sarebbe vinto. Casini si consola sostenendo che il suo partito ha tenuto, nonostante lo "scippo" di molti dirigenti da parte del Pdl.
Per quanto riguarda i numeri, l'altro dato che balza agli occhi è la diversa capacità di attrazione dei due candidati a presidente della Regione nei confronti delle rispettive coalizioni. La somma dei partiti del centrodestra raccoglie infatti poco più del 47 per cento, ma il suo candidato, Giovanni Chiodi, sale oltre il 49. Il contrario accade nel centrosinistra: mentre la coalizione è oltre il 45 per cento Carlo Costantini prende solo il 42, vale a dire tre punti e mezzo in meno. Segno inequivocabile di un elettorato che non si è amalgamato intorno al candidato dell'Italia dei valori, che probabilmente non è stato votato dai socialisti (poco meno del 2 per cento) e da parte della sinistra (Rifondazione poco meno del 3, la Sinistra il 2, i Comunisti italiani l'1,5) e da pezzi del Pd.
Veltroni commenta innanzitutto il dato "impressionante" dell'astensionismo. Ma non nega l'autocritica: "Vuol dire che c'è malessere, stanchezza e critica anche nei nostri confronti". E non si nasconde dietro a un dito: "Dobbiamo fare di più sulla questione etica". Anche se, aggiunge, "dobbiamo essere sereni con noi stessi e poi con gli altri e Berlusconi non si può permettere di parlare, perché‚ il 10 per cento dei suoi parlamentari ha problemi di questo tipo".
Di Pietro esulta per aver "quintuplicato" i voti (rispetto al 2005) e non risparmia frecciate al Pd. Rivendica infatti di aver sollevato la "questione morale" e accusa esplicitamente Veltroni: "I partiti che non sono né carne né pesce, che fanno riunioni, che dicono "ma anche" e che non si decidono vengono puniti".