Voto, l'Abruzzo fa il test alla politica

di Giuliano Di Tanna

A contare i candidati sindaci e aspiranti consiglieri che, da ieri, sono in corsa per le elezioni comunali del 6 e del 7 maggio viene da pensare che la disaffezione per i partiti - nell’era del governo tecnico - non tocchi l’Abruzzo. Ma è davvero così?

Fra un mese, le urne racconteranno se gli abruzzesi hanno ancora voglia di politica in una regione che - unica in Italia - negli ultimi 20 anni ha visti spazzati via da inchieste giudiziarie i vertici di due giunte regionali. Nel 2008, quando - pochi mesi dopo l’arresto del governatore dell’epoca, Ottaviano Del Turco - si votò per le regionali, il partito più forte si rivelò essere quello degli astensionisti: il 48 per cento degli elettori non votò, il 13 per cento in più di tre anni prima. Il governatore e i consiglieri regionali (di maggioranza e di opposizione) attualmente in carica furono scelti da poco più della metà degli abruzzesi che avevano diritto al voto.

La diffidenza dell'opinione pubblica verso la cosiddetta casta dei politici, in realtà, ha già sortito un effetto, quello di una maggiore vigilanza sulla composizione delle liste di candidati. In alcuni casi, come quello del centrosinistra a Montesilvano, anche grazie all'attenzione del nostro giornale, dalle liste sono stati esclusi nomi di politici indagati. E chi non ha accettato l'esclusione è passato armi e bagagli nello schieramento opposto.

Ma la misurazione della temperatura raggiunta dalla febbre dell'anti-politica non è l'unica ragione di curiosità delle elezioni di maggio.

Il voto dell'Aquila è il test di maggiore interesse. Una prova elettorale che ha una valenza insieme comunale, regionale e nazionale, nella città simbolo dell'Abruzzo, a tre anni dal terremoto del 6 aprile 2009. Gli elettori aquilani, infatti, sceglieranno se confernare o meno la fiducia a Cialente, il sindaco del terremoto. Ma con le loro schede esprimeranno inevitabilmente anche un giudizio sulla gestione dell'emergenza post-sisma da parte del governo Berlusconi e dei due anni e più di gestione commissariale della ricostruzione da parte del presidente della Regione, Chiodi.

Un altro, conclusivo, motivo di interesse attiene, invece, a una costante del comportamento elettorale degli abruzzesi negli ultimi vent'anni: quello di esprimere, con un anno di anticipo, i mutamenti di orientamento politico che si registrano poi a livello nazionale.

Le elezioni regionali del 1995 partorirono una giunta di centrosinistra un anno prima della vittoria dell'Ulivo di Prodi alle politiche. Cinque anni dopo, si affermò il centrodestra di Giovanni Pace, dodici mesi prima del ritorno a palazzo Chigi di Berlusconi. Nel 2005, fu di nuovo la volta del centrosinistra, e ancora una volta con un anno di anticipo rispetto all'effimera stagione del Prodi bis.

Quelle del 6 e 7 maggio, certo, non sono elezioni regionali, ma chi ha voglia di capire cosa succederà a Roma, fra un anno, forse farà bene a gettare uno sguardo non distratto alle urne che, fra un mese, si apriranno in Abruzzo.

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