Zalone: «Prendo in giro la Lega»
Dalla Gelmini a Piersilvio l’autore del film «Cado dalle nubi» si racconta.
«Prometto che la mia produzione sarà sempre all’insegna del divertimento. Risparmierò al pubblico la possibilità di vedermi in ruoli drammatici che non saprei interpretare».
E’ una promessa solenne, ironica e autoironica ovviamente, di Luca Medici, meglio noto come Checco Zalone.
L’attore, che ha avuto un successo travolgente in pochi anni grazie al personaggio del cantante neomelodico, volgare, politicamente scorretto, semianalfabeta, parla con il Centro alla vigilia della sua visita all’Aquila (si veda riquadro) dove oggi porta il suo film «Cado dalle nubi».
Luca Medici, 32 anni, di Capurso (Bari), laureato in Legge, racconta al Centro, tra tante interruzioni per le risate alle sue battute, i suoi inizi nei locali in Abruzzo, l’affetto per i suoi tecnici aquilani colpiti dal terremoto, lo snobismo del cinema «ufficiale» nei suoi confronti.
Innanzitutto bravo non solo per il successo del film ma anche e soprattutto per la reazione di modestia infinita. Ha dichiarato: «Adesso mi sento un’unghia del mignolo di Totò». Quanto le piace Totò?
«Un sacco, mi piaceva, mi piace e mi piacerà. Con Alberto Sordi, Nino Manfredi, è tra gli artisti che hanno reso grande il nostro popolo».
Quanto si prendono sul serio i suoi colleghi?
«Tantissimo, (ride). Spesso mi è capitato, ahimè, di constatarlo di persona. Adesso, da quella scarpa in cui è contenuta quell’unghia del mignolo del piede di Totò, esce pure qualche sassolino. Non nascondo di aver incassato tanti no da personaggi del mondo del cinema che non hanno ritenuto potessi avere un minimo riscontro al cinema».
Promette che dopo il successo non aspirerà pure lei a fare film seriosi per avere la consacrazione dalla critica «impegnata»?
«Assolutamente sì. Prometto che la mia produzione, non voglio nemmeno usare l’aggettivo artistica, sarà sempre all’insegna del divertimento».
Ma perché ci si deve vergognare di far ridere la gente? E’ poco rivoluzionario? E’ poco di sinistra?
«Forse è semplicemente difficile far ridere».
Parlando di cose serie. Cos’è il suo film?
«Come dice il regista Gennaro Nunziante, il nostro è un piccolo film, che è in 430 sale. Con una piccola storia, ma questo non vuol dire che la storia non c’è. Forse il pubblico ha premiato il nostro lavoro che non è, volutamente, un assemblaggio di gag. Abbiamo voluto raccontare una storia organica che ha un capo e una coda, che affronta senza presunzione e con leggerezza, perché la risata in sala è il sale di questo lavoro, temi (dice serissimo) come l’omosessualità, la droga, il rapporto nord sud con un’attenzione ai problemi dell’attualità. In poche parole (ride) prendiamo per il culo la Lega».
Ma a Checco Zalone quanto piacciono i gay? E a Luca?
«A Checco Zalone gli uomini sessuali non piacciono per niente, forse è la paura... La mia paura, di Luca, e quella dello sceneggiatore, invece, era quella di urtare la sensibilità dei gay. Si figuri che nel film la canzone viene scritta per poi devolvere i proventi allo studio della malattia dell’omosessualità (ride)».
Lei prende in giro il buonismo di questi anni.
«E’ vero, sì, c’è un eccesso di buonismo. Per la verità qualche suo collega mi ha tacciato di buonismo anche a me perché nel film i ricchioni si riconciliano, io faccio successo, mi sposo. Sì, forse ha ragione, c’è un eccesso di buonismo».
Ma l’ha invitata qualche volta la Gelmini a qualche suo spettacolo? L’ha mai incontrata? Da vicino pare sia molto sexy...
«Guardi, non le nascondo che... ha questo viso, questi occhiali, è come la professoressa dei film di Pierino. Forse più in là le dedico qualcosa di mio».
Ha raccontato in tv che è andato alla festa dei 40 anni di Piersilvio Berlusconi. Come è andata?
«Sono stati i 4 minuti più difficili della mia esistenza, ero imbarazzatissimo, la notte prima non ho dormito. Ora, non voglio leccare il capo dei capi, ma quando sono andato lì ho trovato un ragazzo umile, lavoratore, simpatico. A Piersilvio gli hanno fatto una festa a sorpresa. Confalonieri sapeva che lui cliccava i miei video su YouTube e così ha chiamato il mio manager, noi tra l’altro stavamo per firmare con la Medusa per il film. Lui, Piersilvio, non se l’aspettava proprio, stava lavorando e lo hanno portato in questo stanzone vuoto. C’erano Confalonieri, Rossella, tutti i capi di Mediaset, e ha trovato me. E’ stato il momento più di merda della mia esistenza. E allora ho pensato, per farlo ridere che cosa posso fare di più tamarro, di più greve, di più volgare? Consideri che mi hanno dato un minuto e mezzo. E m’è venuto in mente di fare questa canzone, Bucchiño rigato. Ho cominciato a cantare e avevo visto che erano tutti maschi. Poi, invece, ho intravisto pure Fatma Ruffini (la signora è uno dei personaggi più influenti di Mediaset, ndr), e mi s’è gelato il sangue».
Qual è l’artista che più si è risentito delle sue parodie?
«Non lo so, perché nessuno ha il coraggio di dirlo. Ma è chiaro che se prendo in giro qualcuno è perché gli voglio bene e perché lo stimo. A Lecce mi hanno detto che Giuliano dei Negramaro si è risentito».
Ma forse è per l’antica contrapposizione tra Bari e Lecce.
«No, no, anzi. Bisogna far cambiare i libri di storia, perché dopo il Muro di Berlino è caduto anche il muro tra noi baresi e i leccesi. “Cado dalle nubi” ha incassato a Lecce più che in ogni altra parte d’Italia».
Lei gioca a fare il guappo, lo scavezzacollo, ma lei ha fatto studi seri, da avvocato. Avrebbe mai pensato, mentre preparava Diritto commerciale, di arrivare un giorno a mettere le mani sulle tette della Incontrada?
«(ride generosamente). Era il mio auspicio, lo vivevo come un passaggio quello, del Diritto commerciale. Tra una società sas e una srl in realtà pensavo proprio a lei, ma non immaginavo che sarebbero diventate così grandi...».
Lei è stato ospite tantissime volte in Abruzzo. Che ricordi ne ha?
«Un manager locale molto lungimirante, di cui non voglio fare il nome ma lui lo sa, dopo il mio primo passaggio a Zelig Off ha comprato 20 date a prezzi stracciati, quasi come un musicista da matrimoni. Poi, invece, ho cominciato ad avere tanto seguito e venivo da voi a fare gli spettacoli, soprattutto nel Teramano, e mi incazzavo perché vedevo le sale piene di persone e pensavo ai quattro soldi che prendevo...».
Cerchi di essere serio un attimo. Domani (oggi per chi legge) sarà all’Aquila a presentare il suo film. Conosceva la città prima? L’ha vista dopo il terremoto? Dov’era il 6 aprile?
«L’ho vista prima del terremoto, grazie al mio amico aquilano Mauro Volpe che segue i miei spettacoli con il suo service. Il giorno del terremoto ero a Roma e l’ho sentito bene, dormivo in un piano molto alto e mi sono anche cagato sotto. Eravamo a Roma a fare delle date al Brancaccio. Avevamo cinque date e tutti sono venuti a lavorare, pur di non lasciarmi nei guai. E’ stato un gesto bellissimo e spero di portare domani un’oretta di spensieratezza anche a chi ha molti problemi».
Ma lei li mangia i lambascioni (cipollotti tipici pugliesi, spesso indigesti , ndr)?
«E’ chiaro che li mangio, il problema, poi, è per quelli che stanno vicino a me...».
E’ una promessa solenne, ironica e autoironica ovviamente, di Luca Medici, meglio noto come Checco Zalone.
L’attore, che ha avuto un successo travolgente in pochi anni grazie al personaggio del cantante neomelodico, volgare, politicamente scorretto, semianalfabeta, parla con il Centro alla vigilia della sua visita all’Aquila (si veda riquadro) dove oggi porta il suo film «Cado dalle nubi».
Luca Medici, 32 anni, di Capurso (Bari), laureato in Legge, racconta al Centro, tra tante interruzioni per le risate alle sue battute, i suoi inizi nei locali in Abruzzo, l’affetto per i suoi tecnici aquilani colpiti dal terremoto, lo snobismo del cinema «ufficiale» nei suoi confronti.
Innanzitutto bravo non solo per il successo del film ma anche e soprattutto per la reazione di modestia infinita. Ha dichiarato: «Adesso mi sento un’unghia del mignolo di Totò». Quanto le piace Totò?
«Un sacco, mi piaceva, mi piace e mi piacerà. Con Alberto Sordi, Nino Manfredi, è tra gli artisti che hanno reso grande il nostro popolo».
Quanto si prendono sul serio i suoi colleghi?
«Tantissimo, (ride). Spesso mi è capitato, ahimè, di constatarlo di persona. Adesso, da quella scarpa in cui è contenuta quell’unghia del mignolo del piede di Totò, esce pure qualche sassolino. Non nascondo di aver incassato tanti no da personaggi del mondo del cinema che non hanno ritenuto potessi avere un minimo riscontro al cinema».
Promette che dopo il successo non aspirerà pure lei a fare film seriosi per avere la consacrazione dalla critica «impegnata»?
«Assolutamente sì. Prometto che la mia produzione, non voglio nemmeno usare l’aggettivo artistica, sarà sempre all’insegna del divertimento».
Ma perché ci si deve vergognare di far ridere la gente? E’ poco rivoluzionario? E’ poco di sinistra?
«Forse è semplicemente difficile far ridere».
Parlando di cose serie. Cos’è il suo film?
«Come dice il regista Gennaro Nunziante, il nostro è un piccolo film, che è in 430 sale. Con una piccola storia, ma questo non vuol dire che la storia non c’è. Forse il pubblico ha premiato il nostro lavoro che non è, volutamente, un assemblaggio di gag. Abbiamo voluto raccontare una storia organica che ha un capo e una coda, che affronta senza presunzione e con leggerezza, perché la risata in sala è il sale di questo lavoro, temi (dice serissimo) come l’omosessualità, la droga, il rapporto nord sud con un’attenzione ai problemi dell’attualità. In poche parole (ride) prendiamo per il culo la Lega».
Ma a Checco Zalone quanto piacciono i gay? E a Luca?
«A Checco Zalone gli uomini sessuali non piacciono per niente, forse è la paura... La mia paura, di Luca, e quella dello sceneggiatore, invece, era quella di urtare la sensibilità dei gay. Si figuri che nel film la canzone viene scritta per poi devolvere i proventi allo studio della malattia dell’omosessualità (ride)».
Lei prende in giro il buonismo di questi anni.
«E’ vero, sì, c’è un eccesso di buonismo. Per la verità qualche suo collega mi ha tacciato di buonismo anche a me perché nel film i ricchioni si riconciliano, io faccio successo, mi sposo. Sì, forse ha ragione, c’è un eccesso di buonismo».
Ma l’ha invitata qualche volta la Gelmini a qualche suo spettacolo? L’ha mai incontrata? Da vicino pare sia molto sexy...
«Guardi, non le nascondo che... ha questo viso, questi occhiali, è come la professoressa dei film di Pierino. Forse più in là le dedico qualcosa di mio».
Ha raccontato in tv che è andato alla festa dei 40 anni di Piersilvio Berlusconi. Come è andata?
«Sono stati i 4 minuti più difficili della mia esistenza, ero imbarazzatissimo, la notte prima non ho dormito. Ora, non voglio leccare il capo dei capi, ma quando sono andato lì ho trovato un ragazzo umile, lavoratore, simpatico. A Piersilvio gli hanno fatto una festa a sorpresa. Confalonieri sapeva che lui cliccava i miei video su YouTube e così ha chiamato il mio manager, noi tra l’altro stavamo per firmare con la Medusa per il film. Lui, Piersilvio, non se l’aspettava proprio, stava lavorando e lo hanno portato in questo stanzone vuoto. C’erano Confalonieri, Rossella, tutti i capi di Mediaset, e ha trovato me. E’ stato il momento più di merda della mia esistenza. E allora ho pensato, per farlo ridere che cosa posso fare di più tamarro, di più greve, di più volgare? Consideri che mi hanno dato un minuto e mezzo. E m’è venuto in mente di fare questa canzone, Bucchiño rigato. Ho cominciato a cantare e avevo visto che erano tutti maschi. Poi, invece, ho intravisto pure Fatma Ruffini (la signora è uno dei personaggi più influenti di Mediaset, ndr), e mi s’è gelato il sangue».
Qual è l’artista che più si è risentito delle sue parodie?
«Non lo so, perché nessuno ha il coraggio di dirlo. Ma è chiaro che se prendo in giro qualcuno è perché gli voglio bene e perché lo stimo. A Lecce mi hanno detto che Giuliano dei Negramaro si è risentito».
Ma forse è per l’antica contrapposizione tra Bari e Lecce.
«No, no, anzi. Bisogna far cambiare i libri di storia, perché dopo il Muro di Berlino è caduto anche il muro tra noi baresi e i leccesi. “Cado dalle nubi” ha incassato a Lecce più che in ogni altra parte d’Italia».
Lei gioca a fare il guappo, lo scavezzacollo, ma lei ha fatto studi seri, da avvocato. Avrebbe mai pensato, mentre preparava Diritto commerciale, di arrivare un giorno a mettere le mani sulle tette della Incontrada?
«(ride generosamente). Era il mio auspicio, lo vivevo come un passaggio quello, del Diritto commerciale. Tra una società sas e una srl in realtà pensavo proprio a lei, ma non immaginavo che sarebbero diventate così grandi...».
Lei è stato ospite tantissime volte in Abruzzo. Che ricordi ne ha?
«Un manager locale molto lungimirante, di cui non voglio fare il nome ma lui lo sa, dopo il mio primo passaggio a Zelig Off ha comprato 20 date a prezzi stracciati, quasi come un musicista da matrimoni. Poi, invece, ho cominciato ad avere tanto seguito e venivo da voi a fare gli spettacoli, soprattutto nel Teramano, e mi incazzavo perché vedevo le sale piene di persone e pensavo ai quattro soldi che prendevo...».
Cerchi di essere serio un attimo. Domani (oggi per chi legge) sarà all’Aquila a presentare il suo film. Conosceva la città prima? L’ha vista dopo il terremoto? Dov’era il 6 aprile?
«L’ho vista prima del terremoto, grazie al mio amico aquilano Mauro Volpe che segue i miei spettacoli con il suo service. Il giorno del terremoto ero a Roma e l’ho sentito bene, dormivo in un piano molto alto e mi sono anche cagato sotto. Eravamo a Roma a fare delle date al Brancaccio. Avevamo cinque date e tutti sono venuti a lavorare, pur di non lasciarmi nei guai. E’ stato un gesto bellissimo e spero di portare domani un’oretta di spensieratezza anche a chi ha molti problemi».
Ma lei li mangia i lambascioni (cipollotti tipici pugliesi, spesso indigesti , ndr)?
«E’ chiaro che li mangio, il problema, poi, è per quelli che stanno vicino a me...».