CINEMA
Addio a Carlo Vanzina, il mago dei cinepanettoni
Aveva 67 anni, regista, produttore cinematografico e sceneggiatore. Insieme al fratello Enrico ha raccontato l'Italia in commedia. Quando disse: "Siamo il paese di Totò"
ROMA. Addio a Carlo Vanzina. Il regista, che con il fratello Enrico ha saputo raccontare l'Italia in commedia e nei "cinepanettoni", è morto a 67 anni. A dare notizia della scomparsa di Vanzina - «dopo una lotta lucida e coraggiosa contro la malattia» - è stata la famiglia.
Dopo la recente scomparsa di Vittorio Taviani, si spezza un'altra coppia di fratelli-autori del cinema italiano. Di corporatura minuta, gentile, inossidato in un look da pariolino anni Settanta, Carlo e il fratello Enrico erano figli d'arte di papà Steno autore di film cult come "Un americano a Roma", vero insuperabile archetipo della commedia d'autore, con Alberto Sordi alle prese con gli spaghetti e con un virtuale coccodrillo nella Marana. Regista, sceneggiatore e produttore, insieme al fratello Enrico che si è dedicato più alla scrittura, nato a Roma il 13 marzo del 1951, Carlo è vissuto nel mondo del cinema fin dall'infanzia (già a un anno era il piccolo Filippo in "Totò e le donne" diretto dal padre). Ma del fatto di essere stato favorito, per le sue origini, nella carriera nel mondo del cinema non si vergognava affatto. Anzi ad ogni occasione ricordava, riconoscente, la figura del padre e il fatto che nella sua casa fossero passati tutti: personaggi come Totò, Ugo Tognazzi, Mario Monicelli, Ennio Flaiano, Mario Camerini e Dino Risi.
Diplomatosi alla scuola francese Chateaubriand di Roma, Carlo inizia la carriera nel cinema nei primi anni '70 come aiuto regista di Mario Monicelli nei film "Brancaleone alle crociate" (1970) e poi ne "La mortadella" (1971). Dopo aver collaborato con il padre ("Anastasia mio fratello", 1973) e con Alberto Sordi ("Polvere di stelle", 1973), nel 1976 dirige il suo primo film, "Luna di miele in tre", scritto dal fratello Enrico e con protagonista Renato Pozzetto. Da allora ha realizzato, nel corso di circa quarant'anni di carriera una sessantina di film. Si va dalla scoperta di Diego Abatantuono nel 1982 ("Eccezzziunale... veramente" e "Viuuulentemente mia", entrambi del 1982'), a quel "Sapore di mare" uscito in sala l'anno dopo che è sempre stato il suo film più amato. Un anno fortunato comunque il 1983 per i prolifici fratelli della commedia all'italiana, mai troppo amati dai critici con cui ebbero sempre a discutere tra mille polemiche. Esce infatti, sempre nel 1983, quel "Vacanze di Natale" considerato il padre di tutti i "cinepanettoni". «È stato lui ad iniziare il genere, solo che allora si chiamava soltanto film di Natale» ricorda con orgoglio Enrico in una delle sue ultime interviste.
Nel 1986 fonda poi, sempre con il fratello Enrico, la casa di produzione Video 80. Autori di commedie popolari, ma mai davvero volgari, Carlo ed Enrico hanno sempre avuto, specie nell'Italia post-sessantottina ancora ammantata da ideologie, un conto aperto con la critica. Proprio Carlo diceva: «In una cinematografia seria come quella americana, noi Vanzina saremmo venerati come Spielberg. Qui invece dobbiamo vergognarci». E il regista ricordava, sempre in questo senso, il destino bizzarro di Totò: «Quando gli diedero uno dei pochi premi ricevuti in vita, alla cerimonia c'era solo mio padre che lo trovò nel camerino che piangeva». Infine, sempre Carlo, era solito spiegare così perché avesse dedicato tutta la sua vita al cinema di disimpegno: «La commedia all'italiana esiste in ogni strada del nostro Paese. È una cosa del tutto naturale. Il fatto è che gli italiani riescono a trovare il lato comico anche nelle tragedie. In fondo, spesso ce lo dimentichiamo, siamo il paese di Totò».