Bimbo salvato dalla leucemia grazie alla terapia genetica
Il piccolo, 4 anni, curato al Bambino Gesù di Roma con una tecnica made in Italy: cellule riprogrammate per essere capaci di riconoscere e attaccare il tumore
ROMA. Per la prima volta in Italia, un bambino di 4 anni è stato trattato con la terapia genica contro la leucemia linfoblastica acuta, da cui era affetto da tre anni e contro la quale avevano fallito le altre cure standard, incluso il trapianto di midollo. Una tecnica «rivoluzionaria», probabilmente l'ultima chance per il piccolo, che ha dato risultati che aprono alla speranza: ad un mese dall'infusione, avvenuta lo scorso 4 gennaio, nel suo midollo non sono più presenti cellule leucemiche. Il bimbo sta bene ed è tornato a casa da qualche giorno. Ad effettuare l'intervento i medici dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Lo studio accademico è dell'Ospedale ed è promosso da AIRC, Ministero della Salute e Regione Lazio. La tecnica è denominata CAR-T e consiste nel manipolare geneticamente le cellule del sistema immunitario per renderle capaci di riconoscere e attaccare il tumore. I linfociti del piccolo paziente sono stati manipolati e reindirizzati contro il bersaglio tumorale: i medici hanno prelevato i linfociti T del bimbo e li hanno modificati geneticamente attraverso un recettore chimerico sintetizzato in laboratorio. Questo recettore, chiamato appunto CAR (Chimeric Antigenic Receptor), potenzia i linfociti e li rende in grado - una volta reinfusi nel paziente - di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino ad eliminarle. La terapia genica CAR-T è stata sperimentata per la prima volta con successo nel 2012, negli Usa, su una bambina di 7 anni: a 5 anni dall'infusione, la leucemia non si è ripresentata e la bimba, secondo gli esperti, può considerarsi guarita. Sono partite numerose sperimentazioni e l'ente statunitense FDA ad approvato il primo farmaco a base di CAR-T sviluppato dall'industria farmaceutica. Altri pazienti sono in lista per il trattamento a Roma. È «ancora presto per avere la certezza della guarigione - precisa Franco Locatelli, direttore dipartimento Onco-Ematologia dell'Ospedale - ma il bambino è in remissione: non ha più cellule leucemiche nel midollo. Per noi è motivo di fiducia e soddisfazione per l'efficacia della terapia». L'approccio adottato dai ricercatori differisce parzialmente da quello americano: diversa è infatti la sequenza genica realizzata, che prevede anche l'inserimento della Caspasi 9 (iC9), una sorta di gene «suicida» attivabile in caso di eventi avversi, in grado di bloccare l'azione dei linfociti modificati: una misura di ulteriore di sicurezza contro i possibili effetti collaterali. La sperimentazione è frutto di uno studio tutto italiano, il processo di manipolazione genetica e la produzione del costrutto originale per l'infusione - un vero e proprio farmaco biologico - avvengono interamente nella Officina Farmaceutica del Bambino Gesù.