Caso Savoia, Grasso: «Il rientro in Italia di Vittorio Emanuele III atto di compassione»
Il presidente del Senato assicura: nessun revisionismo. Comunità Ebraiche e Anpi contro modalità e riserbo dell'operazione: «Mai al Pantheon». Il re soldato riposerà con Elena a Vicoforte
ROMA. Un «atto di umana compassione» ma no alla sepoltura nel Pantheon e nessun «revisionismo» perché Vittorio Emanuele III ebbe «responsabilità prima, durante e dopo l’avvento del fascismo». Il presidente del Senato, Piero Grasso, commenta il rientro in Italia della salma dell’ex sovrano, arrivata domenica nel santuario di Vicoforte, nel Cuneese, trasportata dall’Egitto con un volo dell’Aeronautica militare. Le modalità del rientro e il riserbo sull’operazione gestita da Quirinale, Palazzo Chigi e due ministeri, Esteri e Difesa, avevano suscitato lo sdegno delle Comunità Ebraiche e del presidente emerito dell’Associazione nazionale partigiani, Carlo Smuraglia. Oltre alla reazione del capogruppo alla Camera di Sinistra Italiana, Giulio Marcon, che ha chiesto a «Governo e Aeronatuica di chiarire per decenza perché è stato usato un volo militare», spiegando quindi se e quanto è costato il viaggio alle casse pubbliche.
Le Comunità Ebraiche hanno puntato il dito sul ruolo rivestito da re Vittorio Emanuele III negli anni del fascismo, definendolo «complice del regime», come fatto anche da Piero Fassino, mentre per Smuraglia la «solennità e l’uso di un volo di Stato urtano le coscienze» per trasportare i resti del penultimo sovrano dalla cattedrale di Alessandria d’Egitto al santurario piemontese. Con alcuni membri di casa Savoia pronti subito a rilanciare sulla necessità di trasferire i suoi resti al Pantheon, dove riposano gli altri componenti della famiglia che hanno regnato. «Un Paese maturo e democratico deve saper fare i conti con il proprio passato», ha detto Grasso. Per questo il rientro della salma «è un mero atto di umana compassione senza alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà”, fermo restando che «le responsabilità prima, durante e dopo l’avvento del fascismo, così come la firma delle vergognose leggi razziali – aggiunge Grasso – non consentono alcun revisionismo sulla figura e l’operato di Vittorio Emanuele III» per il quale è stata «esclusa categoricamente la possibilità della tumulazione al Pantheon». Il presidente del Senato si augura che «le polemiche di queste ore si trasformino in una seria occasione di dibattito e di approfondimento storico, soprattutto tra le giovani generazioni».
L'’intera operazione è stata condotta con un altissimo livello di segretezza. Un vincolo mantenuto da decine di persone — coinvolti gli apparati di Difesa, Viminale, Quirinale, Palazzo Chigi e Farnesina — che sul finale è stato rotto soltanto dall’abate di Vicoforte, don Meo Bessone. C’ è stato infatti un improvviso slittamento temporale di 48 ore tra il rientro da Montpellier della salma della regina Elena e quella di Vittorio Emanuele III. Venerdì, quando la parte francese dell’operazione era completata (e rivelata dall’abate), la missione egiziana era ancora in alto mare con tutti i rischi del caso. «Quello dei Savoia lo considero un problema chiuso da molto tempo. Smettiamo di parlarne. Ritengo che portare la salma in Italia con solennità e volo di Stato è qualcosa che urta le coscienze di chi custodisce una memoria storica. E non si parli più neanche di questa ipotesi di mettere le loro salme nel Pantheon», chiude la discussione Smuraglia.