Catalogna: Puigdemont si ricandida, Madrid ordina l'arresto
Il giudice spagnolo firma il mandato europeo anche per i quattro ministri fuggiti con lui. Il "president" rischia il fermo nelle prossime ore: «Mi consegnerò ma alla vera giustizia, quella belga»
BARCELLONA. Dall'esilio belga Carles Puigdemont è determinato a resistere ad ogni costo all'attacco «da terra, mare e aria» dello stato spagnolo, che ha fatto scattare le manette per otto dei suoi ministri. E che da ieri sera ha spiccato un mandato di arresto europeo anche per lui e i quattro ministri che sono ancora a Bruxelles. L'ordine è firmato dalla giudice spagnola Carmen Lamela, che giovedì sera ha già mandato in carcere mezzo Govern destituito. La giustizia belga ora dovrà pronunciarsi su una sua possibile estradizione e il «president» rischia il fermo già dalle prossime ore: l'ufficio del procuratore generale del Belgio ha infatti già ricevuto la richiesta e oggi - ha fatto sapere - esaminerà le carte.
Da Bruxelles il president catalano ha comunque lanciato una nuova sfida al premier Mariano Rajoy, annunciando di essere pronto a essere di nuovo candidato presidente della Catalogna alle elezioni imposte da Madrid per il 21 dicembre. L'annuncio di Puigdemont arriva mentre i partiti sovranisti catalani trattano per una lista comune, «la più ampia possibile», ha detto la segretaria Pdecat Marta Pascal. Saranno elezioni strane. E non solo perché si voterà di giovedì invece che di domenica, come sempre. Puigdemont, che è il leader di Pdcat, si considera in esilio anche se ha detto che questo non gli impedirà di fare campagna «visto che viviamo in una società globalizzata». Il capo di Erc, primo partito catalano con il 33% secondo i sondaggi, il vicepresidente Oriol Junqueras, è in carcere da giovedì sera a Madrid. Dietro le sbarre ci sono altri 7 ministri di Erc e Pdecat e «i due Jordi», Sanchez e Cuixart, leader della società civile. Tutti sono probabili candidati al Parlament. Il portavoce del governo spagnolo Inigo Mendez de Vigo ha confermato che potranno presentarsi.
La giudice spagnola Carmen Lamela che li ha mandati in prigione li accusa di ribellione, sedizione, malversazione. Rischiano pene fino a 50 anni di carcere, e di restare in carcerazione preventiva due anni. Il suo operato è stato fortemente criticato da giuristi catalani e spagnoli. Puigemont ha già chiarito che si opporrà all'estradizione in Spagna, dove esclude di poter avere un «giusto processo». E si è detto invece pronto a consegnarsi «alla vera giustizia, quella belga». Di quella spagnola non si fida, meno che mai dopo che Lamela ha arrestato mezzo Govern per avere portato avanti senza violenza - è la sua tesi - il progetto politico dell'indipendenza. I legali dei detenuti hanno denunciato irregolarità da parte della magistrata, violazioni dei diritti di difesa, maltrattamenti nel trasferimento in carcere. Un video diffuso da La Vanguardia mostra agenti spagnoli della Audiencia Nacional che insultano Junqueras augurandogli sevizie sessuali in prigione. E ha fatto ribollire i socials. La Catalogna indipendentista ora si prepara alla «resistenza» contro Madrid. Decine di migliaia di persone sono di nuovo scese in piazza ieri sera in tutte le città catalane al grido di «Llibertat!» e di «Puigdemont è il nostro presidente». Una grande manifestazione è convocata a Barcellona l'11 novembre per esigere la liberazione dei 10 «detenuti politici». «Una vergogna, una vendetta, un'ingiustizia!» tuona l'editoriale di Ara. «Mezzo governo legittimo - aggiunge - è finito dietro le sbarre in una operazione giudiziaria frettolosa, impropria di uno stato di diritto europeo».
Da Bruxelles il president catalano ha comunque lanciato una nuova sfida al premier Mariano Rajoy, annunciando di essere pronto a essere di nuovo candidato presidente della Catalogna alle elezioni imposte da Madrid per il 21 dicembre. L'annuncio di Puigdemont arriva mentre i partiti sovranisti catalani trattano per una lista comune, «la più ampia possibile», ha detto la segretaria Pdecat Marta Pascal. Saranno elezioni strane. E non solo perché si voterà di giovedì invece che di domenica, come sempre. Puigdemont, che è il leader di Pdcat, si considera in esilio anche se ha detto che questo non gli impedirà di fare campagna «visto che viviamo in una società globalizzata». Il capo di Erc, primo partito catalano con il 33% secondo i sondaggi, il vicepresidente Oriol Junqueras, è in carcere da giovedì sera a Madrid. Dietro le sbarre ci sono altri 7 ministri di Erc e Pdecat e «i due Jordi», Sanchez e Cuixart, leader della società civile. Tutti sono probabili candidati al Parlament. Il portavoce del governo spagnolo Inigo Mendez de Vigo ha confermato che potranno presentarsi.
La giudice spagnola Carmen Lamela che li ha mandati in prigione li accusa di ribellione, sedizione, malversazione. Rischiano pene fino a 50 anni di carcere, e di restare in carcerazione preventiva due anni. Il suo operato è stato fortemente criticato da giuristi catalani e spagnoli. Puigemont ha già chiarito che si opporrà all'estradizione in Spagna, dove esclude di poter avere un «giusto processo». E si è detto invece pronto a consegnarsi «alla vera giustizia, quella belga». Di quella spagnola non si fida, meno che mai dopo che Lamela ha arrestato mezzo Govern per avere portato avanti senza violenza - è la sua tesi - il progetto politico dell'indipendenza. I legali dei detenuti hanno denunciato irregolarità da parte della magistrata, violazioni dei diritti di difesa, maltrattamenti nel trasferimento in carcere. Un video diffuso da La Vanguardia mostra agenti spagnoli della Audiencia Nacional che insultano Junqueras augurandogli sevizie sessuali in prigione. E ha fatto ribollire i socials. La Catalogna indipendentista ora si prepara alla «resistenza» contro Madrid. Decine di migliaia di persone sono di nuovo scese in piazza ieri sera in tutte le città catalane al grido di «Llibertat!» e di «Puigdemont è il nostro presidente». Una grande manifestazione è convocata a Barcellona l'11 novembre per esigere la liberazione dei 10 «detenuti politici». «Una vergogna, una vendetta, un'ingiustizia!» tuona l'editoriale di Ara. «Mezzo governo legittimo - aggiunge - è finito dietro le sbarre in una operazione giudiziaria frettolosa, impropria di uno stato di diritto europeo».