Germania, Merkel vince ma cala. Spd al minimo storico
I populisti di estrema destra sono al terzo posto con oltre 80 parlamentari Ritornano i liberali a quota 10%. Schulz deluso: «E’ un giorno amaro»
BERLINO. Angela Merkel è chiaramente più debole. I socialdemocratici sono al minimo storico, si può discutere se siano ancora un «Volkspartei», e cioè un grande partito popolare. E per la prima volta dal dopoguerra un partito di destra oltranzista e populista fa il suo ingresso al Bundestag, affermandosi come terza forza del Paese. La scossa violenta arrivata dal voto di oggi rende la Germania obiettivamente più complessa, ma anche più uguale agli altri partner europei. La diga anti-populista e anti-nazionalista non ha retto e sulle cause delle falle che si sono aperte non mancheranno discussioni e polemiche. «Colpa mia? Io sono la cancelliera federale e sono sempre responsabile di quello che accade», si è schermita Merkel. Il terremoto populista non rende però la Germania ingovernabile: starà ora alla responsabilità dei cinque partiti tradizionali, che da tempo provano a metter su un cordone di sicurezza contro la crescita degli estremisti, trovare la quadra per dare vita ad una coalizione in grado di portare avanti per i prossimi quattro anni la locomotiva d'Europa.
La discussione sulle coalizioni è cominciata subito dopo la chiusura dei seggi, alla cosiddetta Berliner Runde, un giro di tavolo tra i leader di partito, trasmessa dalla ZDF. Due sono quelle possibili, se non si ricorrerà a una soluzione di minoranza: la Grosse Koalition, che Martin Schulz ha però subito escluso annunciando di andare all'opposizione; e quella non proprio facile detta «Giamaica», cioè l'intesa tra l'Unione, i Verdi (andati meglio del previsto) e liberali. La cancelliera non si è lasciata affatto impressionare da uno dei risultati peggiori (il secondo) ottenuti dal 1949 dal suo partito e che le costa anche il fuoco amico della Csu bavarese: «Un risultato molto deludente. Dobbiamo coprire il fianco offerto alla destra con decisioni chiare», ha dichiarato Horst Seehofer. «Avremmo sperato qualcosa di meglio, ma abbiamo il mandato e nessuno costruirà un governo contro di noi», ha replicato Merkel, posizionandosi rapidamente sulla via del quarto mandato di governo. «Non era affatto scontato che dopo 12 anni la Cdu fosse ancora il primo partito», è il suo ragionamento, mentre si dichiara «anche soddisfatta di questo risultato». Diverso l'umore di Schulz: «Un giorno amaro», dice parlando alla Willy Brandt Haus, dove i militanti gli hanno comunque tributato un caloroso applauso. Ma anche lui non si è fatto mettere nell'angolo: «Siamo un bastione della democrazia, e combatteremo con ogni forza la destra radicale», ha assicurato. «Oggi finisce il lavoro con la Cdu e la Csu, andremo all'opposizione», ha annunciato escludendo una riedizione della Grosse Koalition. Schulz resta «a disposizione» come leader del partito, ma non aspirerà al posto di capogruppo in Parlamento, che potrebbe andare ad una donna. La clamorosa avanzata dell'Afd semina preoccupazione in tutto il paese: a poche ore dalla chiusura delle urne, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza a Berlino contestandoli al grido di «Nazisti maiali», «Berlino vi odia». Il boom dell'ultradestra xenofoba inquieta anche i principali gruppi ebraici tedeschi che esprimono allarme. «Ce l'abbiamo fatta. Siamo entrati in parlamento, e adesso cambieremo il paese», ha affermato il leader dell'AfD Alexander Gauland. La giornata elettorale di oggi vede anche un altro vincitore: Christian Lindner, riuscito nell'impresa di riportare i liberali (usciti dal Bundestag nel 2013 e poi ridotti al 3%) in parlamento con un risultato a due cifre.