Il regista Veronesi: «Perderemo una generazione»
«Quello che mi addolora è il rischio che sta correndo questo paese, ovvero di ritrovarsi tra 10 anni orfano di un'intera generazione di trentenni. In molti non vedranno crescere i propri figli»
«Quello che mi addolora è il rischio che sta correndo questo paese, ovvero di ritrovarsi tra 10 anni orfano di un'intera generazione di trentenni. In molti non vedranno crescere i propri figli. Nei talk show tutti si affannano nel dibattito sui migranti, ma non si focalizza il vero problema: se arrivano delle persone, se ne vanno tante altre. E questi altri sono i nostri ragazzi che partono perché in Italia non gli viene data la possibilità di lavorare, di realizzarsi». A parlare è il regista Giovanni Veronesi (foto in basso a sinistra): «Non si tratta più della fuga dei cervelli, quelli ci sono sempre stati e poi magari tornano anche indietro. Si tratta di un esodo inesorabile di impiegati, camerieri, elettricisti o ragazzi che sognano di aprire una loro attività ma non ne hanno avuto la possibilità».
Veronesi nel suo ultimo film 'Non è un Paese per giovani' raccontava la storia di due ragazzi che cercano all'estero il loro posto nel mondo. «Partono senza soldi, vanno là, fanno lavori occasionali per un po' di tempo e poi si rendono conto che la vita in quel posto gli permette di crescere. C'è chi ce la fa, riesce, sfonda, perché è italiano, si sa muovere. Dante, Venezia, Roma, Firenze all'estero sono sinonimo di garanzia, anche se magari questi ragazzi non hanno viaggiato o studiato, non conoscono Bernini, Brunelleschi, e Leonardo da Vinci. Ma altri vanno alla ventura e non sappiamo che fine faranno».
«Non sono un regista politicizzato né un antropologo - osserva il regista -. Nel nostro Paese l'immigrazione ha un effetto. Ma di questo esodo di ragazzi giovani e meno giovani che partono si parla poco o niente».
Veronesi nel suo ultimo film 'Non è un Paese per giovani' raccontava la storia di due ragazzi che cercano all'estero il loro posto nel mondo. «Partono senza soldi, vanno là, fanno lavori occasionali per un po' di tempo e poi si rendono conto che la vita in quel posto gli permette di crescere. C'è chi ce la fa, riesce, sfonda, perché è italiano, si sa muovere. Dante, Venezia, Roma, Firenze all'estero sono sinonimo di garanzia, anche se magari questi ragazzi non hanno viaggiato o studiato, non conoscono Bernini, Brunelleschi, e Leonardo da Vinci. Ma altri vanno alla ventura e non sappiamo che fine faranno».
«Non sono un regista politicizzato né un antropologo - osserva il regista -. Nel nostro Paese l'immigrazione ha un effetto. Ma di questo esodo di ragazzi giovani e meno giovani che partono si parla poco o niente».