LA GUERRA
L'operatore aquilano rientrato da Gaza: ammassati anche in 35mila nei rifugi delle scuole
Il racconto di Jacopo Intini: "Catastrofe umanitaria, ho assistito a operazioni eseguite senza anestetico o sul pavimento di un ospedale"
BERLINO. Operazioni eseguite senza anestetico o sul pavimento di un ospedale. Decine di migliaia di persone ammassate in una scuola con il dramma di dover condividere un solo bagno con un numero spropositato di altri dannati. Donne che partoriscono all'interno di rifugi in condizioni indegne, ma che non vogliono abbandonare quel tetto perché l'alternativa è la strada. È quanto ha visto con i suoi occhi o appreso l'abruzzese Jacopo Intini, uno dei quattro operatori umanitari italiani usciti mercoledì da Gaza e rientrato ieri a L'Aquila.
«Ci troviamo di fronte a uno scenario di catastrofe umanitaria senza precedenti nella Striscia», dove «comunque c'erano situazioni umanitarie al limite già prima della guerra», quando «il 72 per cento della popolazione dipendeva dagli aiuti», ha raccontato all'Ansa Intini, capo missione della ong Ciss nei Territori palestinesi. La situazione è tale che «i Pronto soccorso non possono funzionare», inoltre mancano anestetici e «le operazioni vengono fatte senza anestesia», ha riferito il 29enne abruzzese parlando dall'ospedale italiano della capitale egiziana dove è stato alloggiato dopo l'uscita da Gaza in attesa di ripartire per l'Italia.
«Gli ospedali nella Striscia sono sovraffollati e ci sono casi di operazioni che vengono fatte sui pavimenti», ha detto ancora il responsabile dell'organizzazione non governativa palermitana 'Cooperazione Internazionale Sud Sud'. Intini ricorda che a Gaza forniva «supporto psicologico e psicosociale» soprattutto «a donne e bambini», focalizzandosi sull'educazione all'igiene personale, soprattutto nelle scuole, e sulla gestione sostenibile dei rifiuti. Riferendo di episodi «visti anche di persona», Intini racconta di «donne che sono state costrette a partorire all'interno dei rifugi in condizioni al limite della dignità umana».
L'operatore umanitario è stato sorpreso dalla guerra mentre era a Gaza da una settimana nell'ambito del suo pendolarismo fra la Striscia e Gerusalemme. «Abbiamo visto le condizioni in cui gli sfollati vivono dentro i rifugi, spesso fatiscenti e che comunque non riescono ad ospitare un numero così alto di persone», sottolinea l'aquilano: «Ci sono rifugi ricavati all'interno di scuole che sono arrivati ad ospitare 35mila persone, ammassate dentro le classi senza garanzie in termini di igiene. I servizi igienici ovviamente sono limitati», essendo i bagni delle strutture scolastiche. Eppure quelle strutture sono ambite: «Una persona che abbandona il rifugio poi non ha garanzia che ci potrà ritornare - spiega -, e questo spinge le donne che devono partorire a non abbandonarlo perché altrimenti, dopo aver partorito magari in ospedale, si troverebbero in strada senza un posto dove andare».
Intini racconta poi la pericolosità degli spostamenti all'interno di Gaza e degli almeno cinque suoi cambi di alloggio imposti da voci su imminenti bombardamenti su edifici vicini. La sua ong è riuscita ad operare per i primi sei giorni dopo l'attacco del 7 ottobre: poi, soprattutto a causa della carenza di carburante, ha dovuto interrompere tutte le attività.
Rodolfo Calò