Legnini: i giudici applicano le leggi, non fanno morale
Il vice presidente del Csm a Pescara: viviamo in una condizione paradossale, su un giudice si riversano domande nuove che avrebbe dovuto risolvere il legislatore
PESCARA. «Il Paese ha bisogno di fare tesoro sempre dei nostri principi costituzionali: il giudice è soggetto soltanto alla legge e deve applicare la legge. Guai se si affermasse un modello di giudice moralizzatore che persegue le finalità di moralizzare la società». Così il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, a margine del convegno organizzato a Pescara dalla componente area democratica dell'Anm dal titolo "Dialoghi sulle Procure, prospettive tra autonomia e regole". «Altra cosa - afferma Legnini - è la complessità del tempo che viviamo che riserva alla giurisdizione della Magistratura temi che il legislatore non ha voluto affrontare o ha affrontato e risolto in modo parziale: qui il giudice è costretto a dare risposte ricercando nell'ordinamento principi e disposizioni giuste per affrontare e risolvere quel caso. È chiaro che viviamo in una condizione paradossale: al giudice viene chiesto di rispettare i limiti imposti dalla Costituzione, ma su un giudice si riversano domande nuove che avrebbe dovuto risolvere il legislatore. Questo è il paradosso del tempo che viviamo».