Omicidio Sarah Scazzi: «Sabrina ha agito con lucida freddezza»
Le motivazioni della Cassazione che ha confermato gli ergastoli a madre e figlia. Per i giudici la cugina «non merita sconti di pena». Anche Cosima Serrano protagonista del sequestro e del delitto nel 2010
ROMA. Sul delitto di Avetrana, uno dei più atroci omicidi ai danni di una ragazzina, Sarah Scazzi, strangolata da cugina e zia, Sabrina Misseri e Cosima Serrano, in una feroce mattanza familiare, - e il cui cadavere fu calato nel pozzo dallo zio Michele - arrivano le parole della Cassazione che dopo aver confermato gli ergastoli alle due assassine, lo scorso 21 febbraio, spiega ora nelle motivazioni del verdetto che non ci saranno sconti di pena perchè è stato un delitto pianificato con corollario di orchestrati depistaggi.
Sabrina Misseri, di 22 anni quando uccise la «cuginetta» quindicenne, non merita riduzioni di pena per le «modalità commissive del delitto», avvenuto nel tarantino il 26 agosto 2010, e per la «fredda pianificazione d'una strategia finalizzata, attraverso comportamenti spregiudicati, obliqui e fuorvianti, al conseguimento dell'impunità», sottolinea la Suprema Corte.
Sabrina, inoltre, «strumentalizzando i media» deviò le investigazioni come «astuto e freddo motore propulsivo», dirigendole verso «piste fasulle».
Il corpo di Sarah, graziosa e minuta adolescente, un fuscello al cospetto delle sue carnefici, fu trovato in un pozzo cisterna nella campagna di Avetrana il 6 ottobre, dopo 42 giorni dalla sua scomparsa, quando Michele tormentato dal «rimorso» e dall'immagine della nipote che in sogno gli diceva di sentire tanto freddo, si decise a dire la verità accusando moglie e figlia. Ritrattò così l'iniziale assunzione di colpa alla quale era stato costretto da Cosima e Sabrina che lo avevano prima «compulsato al silenzio», quando tutti cercavano Sarah, e poi spinto a dire che era lui ad aver ucciso la nipote e a molestarla abitualmente. La Cassazione ricorda che Michele non venne creduto perchè fornì impossibili versioni del delitto e sul diario di Sarah non c'era un rigo su presunte molestie. Scrivono i supremi giudici nelle quasi 200 pagine della sentenza, che Sabrina non ha «meritevolezza» per ottenere le attenuanti generiche richieste dai suoi difensori, tra i quali l'avvocato Franco Coppi tenace assertore dell'innocenza della giovane. Sconto di pena negato dalla Cassazione anche a Cosima perchè, essendo una donna matura, invece di intervenire a placare «l'aspro contrasto sorto» tra Sabina e Sarah, «si era resa direttamente protagonista del sequestro della giovane nipote partecipando, poi, materialmente al delitto». Sarah - ricorda il verdetto - venne strangolata da cugina e zia con «concorso sinergico»: l'una ponendo «in essere la specifica azione di soffocamento da dietro della vittima», stretta al collo da una specie di cintura, e l'altra inibendole «ogni tentativo di difendersi e ogni chance di fuga». Cosima ha detto bugie «per conseguire l'impunità»: «impossibile» darle sconti. Quanto al movente gli «ermellini» fanno riferimento «al sentimento anomalo, vicino all'ossessione» che Sabrina aveva per il coetaneo Ivano Russo il quale aveva rifiutato «un rapporto sessuale» con la Misseri. L'episodio, venuto a conoscenza della cerchia di amici, era stato anche riferito da Sarah a sua madre e a suo fratello. C'erano quindi degli «ambiti «pericolosi» - scrive la Cassazione - che rischiavano di essere attinti dalle propalazioni di Sarah, legati alla «moralità della Misseri e che si sarebbero potuti riflettere negativamente sulla rispettabilità della famiglia in un centro piccolo come Avetrana». Non solo la «gelosia» di Sabrina verso Sarah - con cui Ivano intratteneva «rapporti cordiali» - ma anche il timore per il diffondersi di una «cattiva» reputazione.
Sabrina Misseri, di 22 anni quando uccise la «cuginetta» quindicenne, non merita riduzioni di pena per le «modalità commissive del delitto», avvenuto nel tarantino il 26 agosto 2010, e per la «fredda pianificazione d'una strategia finalizzata, attraverso comportamenti spregiudicati, obliqui e fuorvianti, al conseguimento dell'impunità», sottolinea la Suprema Corte.
Sabrina, inoltre, «strumentalizzando i media» deviò le investigazioni come «astuto e freddo motore propulsivo», dirigendole verso «piste fasulle».
Il corpo di Sarah, graziosa e minuta adolescente, un fuscello al cospetto delle sue carnefici, fu trovato in un pozzo cisterna nella campagna di Avetrana il 6 ottobre, dopo 42 giorni dalla sua scomparsa, quando Michele tormentato dal «rimorso» e dall'immagine della nipote che in sogno gli diceva di sentire tanto freddo, si decise a dire la verità accusando moglie e figlia. Ritrattò così l'iniziale assunzione di colpa alla quale era stato costretto da Cosima e Sabrina che lo avevano prima «compulsato al silenzio», quando tutti cercavano Sarah, e poi spinto a dire che era lui ad aver ucciso la nipote e a molestarla abitualmente. La Cassazione ricorda che Michele non venne creduto perchè fornì impossibili versioni del delitto e sul diario di Sarah non c'era un rigo su presunte molestie. Scrivono i supremi giudici nelle quasi 200 pagine della sentenza, che Sabrina non ha «meritevolezza» per ottenere le attenuanti generiche richieste dai suoi difensori, tra i quali l'avvocato Franco Coppi tenace assertore dell'innocenza della giovane. Sconto di pena negato dalla Cassazione anche a Cosima perchè, essendo una donna matura, invece di intervenire a placare «l'aspro contrasto sorto» tra Sabina e Sarah, «si era resa direttamente protagonista del sequestro della giovane nipote partecipando, poi, materialmente al delitto». Sarah - ricorda il verdetto - venne strangolata da cugina e zia con «concorso sinergico»: l'una ponendo «in essere la specifica azione di soffocamento da dietro della vittima», stretta al collo da una specie di cintura, e l'altra inibendole «ogni tentativo di difendersi e ogni chance di fuga». Cosima ha detto bugie «per conseguire l'impunità»: «impossibile» darle sconti. Quanto al movente gli «ermellini» fanno riferimento «al sentimento anomalo, vicino all'ossessione» che Sabrina aveva per il coetaneo Ivano Russo il quale aveva rifiutato «un rapporto sessuale» con la Misseri. L'episodio, venuto a conoscenza della cerchia di amici, era stato anche riferito da Sarah a sua madre e a suo fratello. C'erano quindi degli «ambiti «pericolosi» - scrive la Cassazione - che rischiavano di essere attinti dalle propalazioni di Sarah, legati alla «moralità della Misseri e che si sarebbero potuti riflettere negativamente sulla rispettabilità della famiglia in un centro piccolo come Avetrana». Non solo la «gelosia» di Sabrina verso Sarah - con cui Ivano intratteneva «rapporti cordiali» - ma anche il timore per il diffondersi di una «cattiva» reputazione.