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1 GIUGNO

Oggi, ma nel 1973, a Biella, emissari del secondo governo presieduto dal democristiano Giulio Andreotti irrompevano negli studi di Telebiella, emittente che da due anni trasmetteva via cavo, rompendo per la prima volta il monopolio della Rai, sfruttando la lacuna giuridica del regio decreto 27 febbraio 1936, numero 645, che differenziava quel sistema dalla messa in onda via etere. Telebiella (nella foto, particolare, l’articolo sulla scadenza dell’ultimatum governativo riportato dal settimanale “Epoca”, numero 1182, del 27 maggio 1973) era stata creata dall’ex regista della televisione di Stato Giuseppe “Peppo” Sacchi, originario di Como, classe 1932, e registrata in tribunale, come testata, il 20 aprile 1971. La prima messa in onda risaliva al 6 aprile 1972 con il messaggio di presentazione  affidato ad Ivana Ramella, moglie di Sacchi, che rimarrà la prima annunciatrice del piccolo schermo apparsa in video nel Belpaese al di fuori di una trasmissione Rai. Telebiella avrà poi come editore Aiazzone, gruppo imprenditoriale biellese, facente capo a Mario Aiazzone, produttore e poi venditore di mobili, che verrà ricordato particolarmente per lo slogan promozionale lanciato dal televenditore Guido Angeli “Provare per credere!”. La vicenda politica legata Telebiella porterà al contenzioso che approderà, su iniziativa della prima emittente privata tricolore, alla Corte costituzionale. Quest’ultima, con sentenza del 10 luglio 1974, numero 225, dichiarerà l’illegittimità costituzionale degli articoli 1, 183 e 195 del Decreto del presidente della Repubblica del 9 maggio 1973, disposto dal ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni Giovanni Gioia, inerente proprio l’emittenza via cavo, riservata esclusivamente allo Stato.