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10 maggio
Oggi, ma nel 1924, a Milano, al via dell'edizione numero 12 del Giro d'Italia di ciclismo, in divisa nera e con il pettorale numero 72, tra i 90 concorrenti presenti alla partenza c’era anche la prima ed unica donna nella storia della corsa rosa. Si chiamava Alfonsa Rosa Maria Morini, coniugata col meccanico milanese Luigi Strada. Diverrà per tutti gli appassionati e non delle due ruote a pedali Alfonsina Strada (nella foto). Era modenese di Castelfranco Emilia, classe 1891, professionista dal 1907 e lo rimarrà fino al 1936. Con gli uomini aveva già preso parte a due edizioni del Giro di Lombardia, nel 1917 e nel 1918. Verrà ritenuta una delle pioniere della lotta per la parificazione della condizione tra uomo e donna nello sport.
Per essere ammessa al Giro d'Italia aveva avuto uno speciale permesso di Emilio Colombo e Armando Cougnet, rispettivamente direttore ed amministratore della Gazzetta dello sport, quotidiano promotore della gara. Era stata accettata la partecipazione perché ritenuta ottimo volano promozionale n una edizione del Giro priva di campioni come Costante Girardengo e Ottavio Bottecchia, ritirati dalle grandi squadre che avevano chiesto agli organizzatori compensi in denaro per partecipare. Gli altri si erano registrati tutti come indipendenti.
Il tracciato del Giro 1924 attraversava la penisola per 3.613 chilometri. Le tappe previste erano 12, intervallate da 11 giorni di riposo. Gli iscritti complessivi erano 108, ma, come già anticipato, al via erano stati 90. Per Alfonsina reggere il passo dei colleghi maschi era impegnativo, ma riuscirà a tagliare il traguardo di tappa ogni volta, benché con ore di ritardo. Ad ogni suo arrivo verrà accolta da fiori, festeggiamenti alla "regina del Giro", donazioni in denaro. Queste ultime erano fondamentali poiché il marito era finito in manicomio, a San Colombano al Lambro, sempre nel milanese, dove rimarrà per 20 anni e vi morirà, e lei riusciva appena a sbarcare il lunario con lavori da sarta nel poco tempo lasciato libero dagli allenamenti.
Scriverà Silvio Zambaldi sulla Gazzetta dello sport del 14 maggio successivo: «In sole due tappe la popolarità di questa donnina si è fatta più grande di quella di tutti i campioni assenti messi insieme. Lungo tutto il percorso della Genova-Firenze non si è sentito che chiedere: – C’è Alfonsina? Viene? Passa? Arriva? A mortificazione dei valorosi che si contendono la vittoria finale, è proprio così. È inutile, tira più un capello di donna che cento pedalate di Girardengo e di Brunero. […] D'altronde a quale scopo, per quale vanità sforzarsi d'arrivare un paio d'ore prima? Alfonsina non contende la palma a nessuno, vuole solo dimostrare che anche il sesso debole può compiere quello che compie il sesso forte. Che sia un'avanguardista del femminismo che dà prova della sua capacità di reclamare più forte il diritto al voto amministrativo e politico?».
Nella settima tappa, da Foggia a L’Aquila, di 304 chilometri, Alfonsina chiuderà a 4 ore dal primo, Giuseppe Enrici, finendo fuori tempo massimo e per questo verrà esclusa dalla corsa. Ma proseguirà fino alla fine, a Milano, come componente fuori classifica, tagliando il traguardo tra i 30 superstiti, l'1 giugno successivo. Il Giro verrà conquistato proprio da Enrici. L'impresa di Alfonsina al Giro del '24 spingerà Giovanni D'Avanzi e Marcello Marchesi composero la canzone Bellezze in bicicletta, che verrà interpretata da Silvana Pampanini nel film omonimo, in bianco e nero, del 1951, del regista Carlo Campogalliani.