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15 AGOSTO

Oggi, ma nel 1870, a Gaeta, in provincia di Latina, nel padiglione Santa Maria della fortezza di origine angioina, iniziava ufficialmente il periodo di prigionia “cautelativa” del patriota risorgimentale Giuseppe Mazzini, di 65 anni, che sarebbe durato fino al 15 ottobre successivo. Quella con avvio nominale nel giorno di Ferragosto -anche se tecnicamente la reclusione inizierà il 17- sarà ritenuta l’ultima tappa da ristretto della rocambolesca esistenza terrena del grande cospiratore genovese, a considerare da quanto avvenuto 40 anni prima nella roccaforte di Savona. L’incarcerazione a Gaeta, sotto il rigido controllo del colonnello Camillo Gaetano Perotti, era stata sostanzialmente decisa dal presidente del Consiglio dei ministri del regno d’Italia Giovanni Lanza. Quest’ultimo temeva non poco la recrudescenza dei repubblicani, proprio mentre lo Stato era maggiormente impegnato a rinsaldare la tradizione monarchica. Mazzini, già triumviro della Repubblica romana, dal 29 marzo 1849 all’1 luglio dello stesso anno -ovvero durante l’intermezzo che aveva visto protagonista l’abruzzese Aurelio Saliceti, teramano di Ripattoni di Bellante- era giunto nel luogo di sorveglianza speciale a bordo della pirocorvetta “Ettore Fieramosca”, passando per Messina. Era stato arrestato, a Palermo, nel porto, il giorno precedente, 14 agosto. Ed era stata la quarta volta che ai suoi polsi venissero serrati i ceppi. Amnistiate le due condanne capitali comminategli al tempo del regno di Sardegna, l’illustre recluso era tuttavia trattato col rispetto consono al suo rango: aveva carta e inchiostro in abbondanza per le sue missive, i suoi appunti, ma anche la lista dei libri richiesti veniva regolarmente evasa dai secondini. Poi, per ragioni di sicurezza, il 26 agosto successivo, verrà spostato nel secondo piano del castello (nella foto, particolare, la struttura, vista in lontananza, da una delle 13 illustrazioni contenute nel volume di Giacinto Fassio, di 160 pagine, intitolato “Mazzini a Gaeta. 15 agosto - 15 ottobre 1870”, pubblicato dalla Società cooperativa tipografica Sabina di Poggio Mirteto nel 1912) dove avrà anche a disposizione la balconata per passeggiare e respirare aria salubre proveniente dal mare. Ma era già molto provato. Morirà, infatti, il 10 marzo 1872, a Pisa, da clandestino, come Giorgio Brown, in casa di Pellegrino Rosselli, dopo la parentesi in Svizzera, a Basilea, quando i gendarmi staranno per trarlo nuovamente in catene.