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16 giugno
Oggi, ma nel 1955, nella Città del Vaticano, Papa Pio XI scomunicava il generale Juan Domingo Peron, presidente dell’Argentina, in carica dal 4 giugno 1946, dopo la dichiarazione pubblica di anticlericalismo, seguita alla fase di collaborazione e apertura verso la dottrina sociale della Chiesa. Due giorni prima, ovvero il 14 giugno, in concomitanza con la festività del Corpus Domini, i vescovi Manuel Tato e Ramon Novoa avevano pronunciato discorsi antigovernativi.
Tali esternazioni avevano fatto infuriare Peron, che, nella notte fra il 14 ed il 15, aveva, verosimilmente dato mandato d’incendiare degli edifici religiosi cattolici della capitale argentina. Ma, soprattutto, aveva espulso dal Paese i due alti prelati, che potranno far ritorno solo dopo il Congresso eucaristico internazionale di Rio de Janeiro, in Brasile, che si chiuderà il 24 luglio successivo.
La decisione del pontefice Eugenio Pacelli (nella foto, particolare, la notizia riportata sul quotidiano milanese “Corriere della Sera”, il 17 giugno 1955), coglieva il “caudillo” nella fase di declino del peronismo, evidenziatasi con la morte della first lady “Evita”, avvenuta per tumore, a 33 anni, il 26 luglio 1952, a Buenos Aires. Poi il golpe militare, la cosiddetta “Revolucion libertadora”, del 16 settembre successivo, guidato dal generale Eduardo Lonardi, deporrà Peron dalla guida della nazione. In realtà il colpo di stato cominciava proprio quel 16 giugno, con il bombardamento di Plaza de Mayo da parte dell’aviazione navale. Tuttavia l’attacco non riusciva nel proposito di assassinare il leader.