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16 luglio
Oggi, ma nel 1982, a Lissone, in provincia di Milano, poi Monza e Brianza, durante una rapina di autofinanziamento all’ufficio postale di zona, un gruppo di fuoco della colonna Walter Alasia delle Brigate rosse assassinava il maresciallo dei carabinieri Valerio Renzi, comandante della locale stazione dell’Arma. Che era sul posto per ritirare la corrispondenza a bordo dell'Alfetta di servizio. Il bottino dell’esproprio proletario, che si consumava alle 9.45, era di un milione di lire. Renzi, di 44 anni, originario di Torricella in Sabina, in quel di Rieti, lasciava moglie e due figli, di 15 e di 11 anni, che erano a Bressanone a casa dei nonni.
L’episodio, regolarmente rivendicato dall’organizzazione terroristica con il simbolo della stella a cinque punte - precisamente con la sigla “Prima posizione”, mediante telefonata alla redazione bolognese dell’agenzia giornalistica Ansa, del 17 luglio - destava particolarmente scalpore nel circondario, nonostante in quel periodo i casi del genere fossero ancora frequenti. Specialmente ai danni dei rappresentanti della Benemerita, dato il capillare lavoro svolto dal nucleo anti eversione guidato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
La cerimonia funebre (nella foto, particolare) sarà particolarmente partecipata. I presunti responsabili dell’agguato mortale - Vincenzo Scaccia e Mario Protti, come esecutori materiali, più Daniele Bonato, Pio Pugliese, Ivan Formenti, Ettorina Zaccheo, Bernardino Pasinelli che era subentrato a Vincenzo Del Cora all’ultimo momento, quali fiancheggiatori - verranno presi, il 23 luglio successivo, nel capoluogo lombardo. In particolare Bonato fornirà ai magistrati la ricostruzione dell’operazione costata la vita al militare.
Verosimilmente Protti avrebbe esploso il colpo di grazia alla testa con una pistola calibro 38, mentre Scaccia avrebbe aperto il fuoco con un fucile Ak-47. Finiranno all'ergastolo nell'intricato processo dedicato alla "Alasia". Renzi verrà insignito della medaglio d’argento al valor civile alla memoria. Verrà onorato anche con il monumento realizzato sul luogo del delitto, in quella che era piazza Enrico Cialdini.