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16 MAGGIO

Oggi, ma nel 1911, a Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento, in via Madre Chiesa, la mafia uccideva, con due colpi di fucile sparati al petto, Lorenzo Panepinto, già maestro elementare divenuto poi esponente di spicco locale del Partito socialista, di 46 anni, originario proprio di Santo Stefano Quisquina. Veniva freddato davanti alla sua abitazione. Giuseppe Anzalone, ritenuto responsabile dell’omicidio di uno dei più stimati dirigenti socialisti siciliani, verrà assolto, il 7 aprile 1914. Nonostante la teste Provvidenza Rumore avesse visto in faccia Anzalone nel ruolo di sicario. Il presunto killer era figlioccio del ministro di Grazia e giustizia, il palermitano Camillo Finocchiaro Aprile, e verosimilmente potrà contare su coperture politiche di rilievo. La vittima lasciava la moglie, Maria Sala, e i tre figli piccoli: Angela, Libero Federico e Laura. L’agguato mortale del 16 maggio 1911 eliminava la scomoda figura di Panepinto (nella foto, particolare, la commemorazione sulla soglia della casa natale, col ritratto appeso al balcone), punto di riferimento dei braccianti e degli sfruttati dei campi dell’area dei monti Sicani, proprio nella delicata fase costituente della Cassa agraria di Santo Stefano Quisquina.

Quindi il delitto era la reazione dei gabelloti locali, pronti a bloccare lo sviluppo delle cooperative di credito e delle affittanze collettive che avrebbero sottratto loro il controllo della terra, dell’usura e del mercato del lavoro agricolo. Nel 1893 Panepinto aveva fondato il fascio contadino di Santo Stefano Quisquina, su sollecitazione dei dirigenti socialisti della vicina Prizzi, sempre in quel di Palermo. Il 6 gennaio di quel 1911 aveva costituito la Cassa agraria sociale cooperativa, che poteva esercitare il credito agrario ai contadini, assumere in affitto le terre, fare prestiti fruttiferi, acquistare sementi, concimi, sostanze anticrittogamiche, bestiame, macchine e attrezzi da distribuire ai lavoratori della terra, e vendere collettivamente prodotti agricoli. Fino ad allora a Santo Stefano Quisquina era la Cassa rurale cattolica, presieduta da Felice Leto, a detenere il dominio dell’economia e della politica. E Leto era cognato di Rosario Ferlita, denunciato come uno dei presunti mandanti dell’esecuzione di Panepinto. Sorte analoga a Panepinto toccherà al sindacalista Bernardino Verro, che verrà freddato da esponenti di Cosa nostra, a Corleone, sempre nel palermitano, il 3 novembre 1915, pagando con la vita la sua battaglia per la equa ridistribuzione del latifondo.