Vittorio Emanuele III nel 1924 a Fiume riceve le chiavi della città

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16 marzo

Oggi, ma nel 1924, a Fiume, il sovrano Vittorio Emanuele III riceveva le chiavi della città (nella foto, particolare, dall'archivio storico del Museo di Fiume a Roma) dal sindaco Antonio Grossich, il medico ritenuto, il 31 ottobre 1908, l'inventore della tintura di iodio, e contestualmente, dall'alto del Palazzo del governatore, quello edificato nel 1896 seguendo il progetto dell'architetto ungherese Alajos Hauszmann, quando Fiume faceva parte del regno d'Ungheria, proclamava l'annessione al Regno d'Italia.

Questo accadeva dopo il trattato di Roma, firmato il 24 gennaio precedente, col quale era stata sancito il passaggio della "Città di vita", come Gabriele D'Annunzio l'aveva ribattezzata il 12 settembre 1919, all'Italia. Quella del 16 marzo 1924 era la prima visita ufficiale del re sabaudo, accompagnato dal generale Gaetano Giardino, dal 17 settembre 1923 governatore militare di Fiume, nella cosiddetta capitale del golfo del Quarnaro.

Si trattava di una giornata ricca di significato simbolico, a posteriori della sofferta questione fiumana scoppiata subito dopo la vittoria mutilata del primo conflitto mondiale e il Natale di sangue del 24-29 dicembre 1920. La sigla dell'accordo capitolino tra il Regno d'Italia e quello dei Serbi, Croati e Sloveni aveva sancito, più o meno consensualmente, la dissoluzione e la suddivisione dello Stato libero di Fiume, creato col Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, e aveva delimitato lo storico confine sul fiume Eneo. A quella che sarebbe divenuta la Jugoslavia era sostanzialmente toccato l'entroterra. L'amministrazione dello Stato libero di Fiume aveva considerato tale atto giuridicamente inaccettabile e avrebbe continuato ad operare in esilio.

La vicenda di Fiume italiana, dopo il passaggio per l'esperienza della provincia di Fiume, dal 22 febbraio 1924 al 10 febbraio 1947, si chiuderà, nel peggiore dei modi, con la presa militare da parte dei partigiani slavi, il 3 maggio 1947.