TODAY
18 marzo
Oggi, ma nel 1958, a Licata, in provincia di Agrigento, accanto alla scalinata che da via Guglielmo Marconi conduceva in via Santa Maria, Vincenzo Di Salvo, dirigente sindacale della Lega degli edili, afferente alla Cgil, classe 1922, originario di Licata, veniva ucciso, con un colpo di pistola al petto, da Salvatore Puzzo, esponente dalla mafia locale.
La vittima (nella foto, accanto al titolo della notizia riportata sull'Unità, quotidiano comunista, nell'edizione del giorno successivo l'omicidio) aveva avuto il torto di difendere i 60 operai della ditta di costruzioni Iacona, della quale era anche lui un dipendente, che non ricevevano lo stipendio dal primo febbraio precedente, nonostante da tre anni stessero lavorando alla realizzazione della condotta fognaria cittadina e del manto stradale in contrada Stretto. Di Salvo era stato alla testa dello sciopero dei lavoratori dell'impresa Iacona che da una settimana protestavano, in Municipio, per avere riconosciuti i loro diritti. Di Salvo lasciava, oltre ai due figli Francesco ed Antonietta, la moglie Angela, che aspettava il terzo figlio, che verrà chiamato Vincenzo in ricordo del padre che non potrà abbracciare. Per giunta Di Salvo era l'unica fonte di sostentamento della famiglia. A differenza di quanto accadeva abitualmente, in quell'omicidio non si sollevava il solito muro di omertà, ma i presenti, inclusi gli operai edili Salvatore e Vincenzo Brugio e Nicolò Queli, che erano con Di Salvo la sera del fattaccio, additavano Puzzo come esecutore materiale del delitto e lo indicavano come mafioso. Il killer tenterà di scappare e dopo un periodo di latitanza verrà arrestato, a Frosinone, e condannato a 14 anni di carcere per aver spento la vita del difensore delle maestranze edili di Licata, città da decenni assoggettate a svolgere le proprie mansioni sotto il controllo della malavita locale che decideva appalti e spettanze.
La memoria di Di Salvo, che non verrà ufficialmente riconosciuto subito come vittima di mafia, verrà recuperata a distanza di tempo dalla sua soppressione. Nel 2017, su iniziativa dell'associazione A testa alta, verrà apposta la lapide commemorativa nel luogo della sparatoria costatagli la vita. Ma la memoria verrà recuperata su più larga scala in occasione del 60° anniversario, nel 2018, per interessamento del deputato regionale Claudio Fava, giornalista e scrittore, figlio di Giuseppe "Pippo" Fava, giornalista fondatore de I Siciliani, assassinato dalla mafia, a Catania, il 5 gennaio 1984.