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18 novembre

Oggi, ma nel 1968, a Cagliari, l’Anonima sequestri rapiva l’imprenditore Antonio Mannatzu, di 43 anni, titolare della concessionaria di automobili Ford per l’isola, proprietario di ingenti aree edificabili, segretario amministrativo della Democrazia cristiana cittadina.

Per farlo fermare mentre era in machina, una Mercedes bianca, vicino la sua abitazione, nel quartiere Cep, i banditi avevano organizzato una trappola con un filo d’acciaio teso tra due alberi. La vittima aveva problemi cardiaci e aveva avuto un infarto per questo doveva assumere farmaci. Dopo la cattura da parte dei malviventi la moglie Maria Surmani (nella foto, particolare, l’immagine della donna, accanto a quella del marito, nella prima pagina del quotidiano “L’Unione sarda”, del 19 novembre 1968) diramerà un accorato annuncio pubblico proprio per cercare di salvare il consorte che, invece, non tornerà più a casa. Il rapimento di Mannatzu desterà scalpore perché per la prima volta i criminali agivano in pieno centro cittadino. Una pratica che poi diverrà usuale, ma che fino a quel momento era ritenuta contraria al codice d’onore dei banditi.

Per quanto concerne la cronologia delinquenziale, prima di Mannatzu altri malcapitati erano finiti nelle prigioni dei sequestratori e non avevano più rivisto la libertà. Le famiglie non avevano neanche potuto avere un cadavere da seppellire. Era accaduto il 20 agosto 1966, con il mancato ritorno in famiglia di Salvatore Pintus, possidente di Borore, in provincia di Nuoro, poi, sempre nello stesso anno, con il sassarese Pompeo Solinas. L’8 aprile 1967 era toccato a Giovanni Dessolis, di Orani, ugualmente nel nuorese, di 28 anni, che poi era stato trucidato. Il 19 agosto 1967 ad Aurelio Baghino, ancora di Nuoro, di 70 anni, padrone della rivendita di auto Fiat della zona.

Il fenomeno dei rapimenti a scopo di estorsione diverrà così importante da spingere il secondo governo guidato da Giovanni Leone, della Dc, ad istituire nel 1968, su iniziativa dei deputati nuoresi Gianuario Carta, democristiano, e Ignazio Pirastu, del Partito comunista italiano, la commissione parlamentare d’inchiesta sul banditismo sardo. Realtà che arrivava cento anni dopo la prima, del 1868, sempre incentrata sullo stesso fenomeno, presieduta da Agostino Depretis, esponente di spicco della Sinistra storica, che non aveva prodotto risultati, secondo quanto verrà stabilito proprio dai componenti della commissione del 1968. Per il caso Mannatzu verranno incriminati, ma poi prosciolti per insufficienza di prove, Giovanni Antonio Luppu, di Orgosolo, in quel di Nuoro, e Giuseppe Pirastu, di Sindia, sempre nel nuorese, secondo quanto riportato da Giovanni Ricci, nel suo volume “La Sardegna dei sequestri”, edito da Newton Compton, di Roma, nel 2017.