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2 febbraio

Oggi, ma nel 1878, a Torino, in municipio, si teneva la cerimonia di consegna alla città sabauda per antonomasia dell’elmo con cimiero, della spada e delle decorazioni di re Vittorio Emanuele II, morto a Roma il 9 gennaio precedente, a 68 anni, donati dal successore, il figlio Umberto I, salito al trono proprio contestualmente al decesso paterno, attraverso il fratello Amedeo d’Aosta, già re di Spagna.

L’orazione era tenuta da Federigo Sclopis di Salerano, già presidente del Senato del regno, fino al 2 ottobre 1864, che spirerà l’8 marzo successivo. La regalia (nella foto, particolare, il cofano ospitante i cimeli in uno schizzo coevo) serviva idealmente a riparare il torto subito dal capoluogo piemontese con la sepoltura del primo sovrano del neo costituito regno d’Italia nel Pantheon della Capitale e non nella cripta riservata alle tombe savoiarde nella basilica di Superga.

Quest’ultima, infatti, realizzata per volere di re Vittorio Amedeo III, dando seguito alla disposizione del nonno Vittorio Amedeo II, di avere un mausoleo per i defunti della casata reale, era stato concluso nel 1778, su progetto dell’architetto Francesco Martinez, nipote del grande Filippo Juvarra. Ancora in precedenza il luogo dell’ultima dimora della dinastia era il sepolcreto dell’abbazia di Hautecombe, in località Saint-Pierre-de Curtille, in Francia, salvo rare eccezioni come ad esempio il conte di Moriana, Umberto I “biancamano”, ovvero il capostipite, fino al 19 luglio 1048, verosimilmente interrato nel nartece della cattedrale transalpina di Saint-Jean-de-Maurienne, oppure nel convento della prioria di Echelles. Ma anche di Tommaso I, trapassato nel 1391, e deposto alla sacra di San Michele. Ed ancora Bonifacio di Savoia, soprannominato “Orlando” per il carattere bellicoso, passato a miglior vita in prigionia a 19 anni dopo essere stato battuto dalle truppe di Asti, sistemato nella cattedrale di Saint-Jean-de-Maurienne.