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2 GIUGNO

Oggi, ma nel 1983, a Marsala, in provincia di Trapani, veniva assassinato da sicari di Cosa nostra, Silvio Badalamenti, nipote del boss mafioso Gaetano “Zu Tano” Badalamenti, capo della cosca di Cinisi, in quel di Palermo, direttore della “commissione”, ovvero la Cupola malavitosa, dal 1974, al 1978. Silvio Badalamenti, nonostante le dichiarazioni di estraneità all’affiliazione criminale, pagava il legame di sangue con il leader della “Pizza connection” (nella foto, particolare, don Tano tratto in arresto con gli schiavettoni ai polsi, l’8 aprile 1984, a Madrid, accusato anche dell’eliminazione di Peppino Impastato, avvenuta a Cinisi il 9 maggio 1978), cioè il traffico di stupefacenti, da 1,65 miliardi di dollari, tra il Belpaese e gli States, avvenuto tra il 1975 ed il 1984. La moglie della vittima, Gabriella Ruffino, e la figlia, Maria Badalamenti, porteranno avanti per anni la loro battaglia per far conoscere al mondo la liceità di condotta del loro caro. In particolare Maria darà alle stampe, per la casa editrice David e Mathaus, di Milano, il volume, di 106 pagine, intitolato “Sono nata Badalamenti. La vera storia di un uomo per bene”, del 2020. In estrema sintesi, secondo la ricostruzione che verrà effettuata da magistratura e forze dell’ordine, l’eliminazione di Silvio Badalamenti era da far rientrare nella vittoria della guerra di mafia da parte dei corleonesi. E Totò Riina aveva ordinato di fare terra bruciata intorno al suo storico rivale. Tra l’altro, ai parenti dell’ucciso verranno negati i benefici economici previsti dalla legge in favore dei famigliari superstiti delle vittime innocenti della criminalità organizzata di stampo mafioso.