La redazione del quotidiano "Il Manifesto"

TODAY

2 novembre

Oggi, ma nel 1999, a Roma, nell’ospedale Lazzaro Spallanzani, moriva, per problemi respiratori, Marco Ciuffreda, di 37 anni, figlio della storica giornalista del quotidiano comunista “Il Manifesto” Giuseppina Ciuffreda (nella foto, particolare, la terza da destra, in prima fila, con lo sguardo rivolto verso Rossana Rossanda, in uno scatto di redazione del 1985).

Fotografo, eroinomane, già passato attraverso una comunità per tentare di disintossicarsi dalla polvere bianca senza riuscire completamente a tornare pulito, assumeva metadone ed altre sostanze, come un antiemetico e un antidolorifico, previste quale terapia prescritta dal SerT. Era stato arrestato, il 28 ottobre precedente, per spaccio di droga e trasferito in carcere a Regina Coeli. Era stato preso dagli agenti della squadra mobile della polizia della Capitale mentre cedeva una dose. Era seguito il rito direttissimo, di fronte alla settima sezione penale del tribunale penale, era stato condannato per commercio illecito di sostanze stupefacenti ed assegnato agli arresti domiciliari, da scontare in casa della zia Anna Maria Ciuffreda. Secondo la procedura prevista sarebbe dovuto essere accompagnato a casa dalle forze dell’ordine. Ma, per mancanza cronica di personale, era stato lasciato in cella, per 50 ore. E si era sentito male, anche a causa di crisi d’astinenza, accusando astenia, polmonite, gravi difficoltà respiratorie, disidratazione, ipotensione. Era stato perciò ricoverato in due ospedali, fino al decesso.

Dal suo decesso nascerà un caso politico, mediatico, giudiziario di grande portata nazionale. Contribuirà anche quanto scritto sull’argomento dall’inviata Giovanna Pajetta proprio sulle colonne del Manifesto. In seguito alla morte di Marco Ciuffreda, il direttore del carcere di Regina Coeli Anacleto Benedetti, e il comandante della polizia penitenziaria, Marco Piersigilli, rimetteranno l’incarico a Gian Carlo Caselli. Per tentare di far cadere le eventuali responsabilità Marco Ciuffreda verrà ritenuto malato di Aids, notizia che si rivelerà infondata e verrà smentita attraverso gli esami del sangue. Ma ugualmente, il 26 settembre 2001, l’inchiesta ministeriale si concluderà con l’archiviazione. Gli ispettori del ministero di Grazia e giustizia, guidato da Piero Fassino, dei Democratici di sinistra, successore di Oliviero Diliberto, dei Comunisti italiani, guardasigilli al tempo del decesso di Ciuffreda, dopo l’esposto all’amministrazione penitenziaria, guidata da Caselli, presentato dalla madre della vittima attraverso l’avvocato Grazia Volo, riconosceranno che si sia verificata “una negligenza assolutamente grave e inescusabile”, ma nel comportamento degli operatori penitenziari non ravviseranno gli estremi di reato. Quindi tutto si tradurrà in un percorso che non condurrà da nessuna parte per la famiglia, sempre più interessata ad ottenere giustizia.

Il 15 ottobre 2001 il senatore dei Verdi Luigi Manconi presenterà una nuova denuncia per tentare di arrivare alla verità. Il 7 marzo 2002 seguirà il rinvio a giudizio, per omicidio colposo, di alcuni medici dello Spallanzani e del Nuovo Regina Margherita che si erano occupati di Marco Ciuffreda. Ma anche questa via, attraverso i processi di primo e di secondo grado, non porterà a nulla perché i sanitari verranno assolti.