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21 aprile
Oggi, ma nel 1923, a Kreuzlinger, in Svizzera, al termine del soggiorno nel sanatorio, Aby Moritz Warburg, storico dell’arte originario di Amburgo, ma innamorato di Firenze, teneva il discorso d’addio a medici e pazienti sul “rituale del serpente”. La prolusione, che serviva a dimostrare la propria guarigione dalla malattia mentale, prendeva spunto dalla personale esperienza tra gli indiani Pueblo del Nuovo Messico.
Il testo dell’intervento verrà anche pubblicato, postumo, sul “Journal of Warburg Institute”, numero II, nel 1939, dieci anni dopo la morte che avverrà ad Amburgo, il 26 ottobre 1929. L’opera entrerà anche a far parte del catalogo Adelphi di Milano, nel 1998. Studioso della rilevanza dell’antichità per il primo Rinascimento italiano (nella foto, particolare, Warburg, al centro, con l’assistente Gertrude Bing ed il bibliotecario Franz Alber, al Palace hotel di Roma, nel 1929) aveva soggiornato nella capitale fiorentina, per la prima volta, nel 1889. Anche la sua tesi di dottorato tedesca aveva avuto come argomento l’arte del Belpaese. Precisamente: “La rappresentazione di soggetti mitologici antichi nei dipinti di Sandro Botticelli”.
Uno dei suoi lavori più apprezzati, “La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura”, del 1932, anche questo dato alle stampe post mortem, arriverà in Italia, con traduzione di Emma Cantimori, nel 1966, per i tipo della Nuova Italia, sempre di Firenze. Il 19 settembre 2023, la citta gigliata renderà omaggio a Walburg con la mostra, allestita negli Uffizi, intitolata “Camera con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini”. Esposizione con disegni, fotografie, dipinti, documenti e lavori artistici di una delle figure chiave dell’Istituto tedesco di storia dell’arte, fondato a Firenze, nel 1897.