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21 giugno

Oggi, ma nel 1527, a Firenze, moriva nella sua abitazione di via de’ Guicciardini, a 58 anni, consumato dalla delusione politica per non essere stato accettato quale segretario della Repubblica, instaurata alla cacciata dei Medici, Niccolò di Bernardo dei Machiavelli, a posteriori ritenuto il fondatore della scienza politica moderna. Autore di opere che diverranno classici imprescindibili come il “De Principatibus”, del 1514, che verrà pubblicata postuma, nel 1532, dal tipografo Antonio Blado. Era stato legato al governo mediceo della città gigliata e a Papa Clemente VII. Era stato, tra l’altro, alla guida della seconda cancelleria della Repubblica di Firenze dal 20 giugno 1498, al 7 novembre 1512, e contestualmente componente del Consiglio dei Dieci, massimo organo amministrativo, come già a Venezia. Aveva lavorato come vice, alle dipendenze di Marcello Adriani, il cancelliere.

Si era messo in luce quale diplomatico raffinato e acuto stratega nella gestione della cosa pubblica, teorico della ragion di Stato, enucleatore della concezione ciclica della storia, intellettuale rinascimentale, reputato di caratura “universale” alla stregua di Leonardo Da Vinci e Dante Alighieri, fautore dell’idea nazionale. Verrà riabilitato post mortem (nella foto, “La morte di Niccolò Machiavelli”, del toscano Amos Cassioli, olio su tela, 40x54 centimetri, del 1860, di proprietà della collezione della Società di esecutori di pie disposizioni onlus, di Siena), con la sepoltura nella basilica di Santa Croce, con la tomba monumentale realizzata da Innocenzo Spinazzi, in marmo, datata 1786. Con l’iscrizione latina che sintetizzerà magistralmente il senso di colpa di Firenze verso il trattamento riservato a quel suo figlio speciale:” Tanto homini nullum par elogium”.