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24 giugno

PESCARA. Oggi, ma nel 1922, a Berlino, veniva assassinato, a revolverate, da estremisti di destra, Walther Rathenau, di 55 anni, ministro degli Esteri della Repubblica di Weimar, in carica dall’1 febbraio precedente, sostanzialmente perché contrario alla stipula del trattato di Rapallo. L’accordo, siglato il 16 aprile 1922 nella cittadina ligure, tra la Germania e la Repubblica socialista federativa sovietica russa, era volto ad azzerare le rivendicazioni reciproche, finanziarie e territoriali, e ad instaurare un rapporto di distensione politica.

A colpire mortalmente erano Erwin Kern e Hermann Fischer, già ufficiali dell’esercito germanico. Al funerale (nella foto, particolare, la bara fuori del Reichtag, nella cerimonia di Stato estremamente partecipata), la figura della vittima assurgeva già al ruolo di martire che avesse anteposto la crescita della Germania rispetto proprio prestigio personale, il miglioramento delle condizioni di vita del popolo al proprio benessere.

Anche perché, già prima di iniziare il percorso istituzionale era ingegnere ed industriale di successo. Rathenau, era tra i principali sostenitori della politica di integrazione degli ebrei tedeschi, volta a ridurre l’antisemitismo. Tra i fondatori del Partito democratico tedesco, d’ispirazione antisocialista, proprio per la sua opposizione al patto di Rapallo, era stato bollato dai nazionalisti del nascente Partito nazista come referente di un presunto complotto giudaico-comunista.