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29 MARZO

Oggi, ma nel 1946, a Roma, al circolo golf club dell’Acquasanta, Enrico Piaggio, patron della casa costruttrice di aeroplani con il suo cognome, presentava ufficialmente l’MP6, di 98 centimetri cubici, prodotto nello stabilimento di Pontedera, in 2mila esemplari, evoluzione dell’MP5 detto “Paperino”, del 1944, dove la sigla indicava “moto Piaggio numero 6”, ideato e sviluppato come “Vespa”, dall’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio. Con la supervisione di Renzo Spolti, che aveva curato come ingegnere la supervisione del prototipo di motoscooter nel centro sperimentale di Biella. Il brevetto della “Vespa”, che diverrà uno dei prodotti di disegno industriali più famosi al mondo, oltre che emblema del design tricolore, verrà depositato il 23 aprile di quel 1946. Il nome “Vespa” derivava da un’esclamazione di Enrico Piaggio. Il concetto di base era l’economicità, per il Belpaese appena uscito dal secondo conflitto mondiale, la semplicità progettuale, la praticità di guida e di manutenzione, la sicurezza di utilizzo. Fondamentalmente D’Ascanio, padre dell’elicottero, cercava un mezzo (nella foto, particolare, immagine 3D della Vespa 98 ’46) per gli spostamenti quotidiani alternativo alle motociclette, che detestava, perché sporcavano il pilota, lo costringevano ad alzare la gamba per salire, richiedevano un abbigliamento adeguato. Alla base delle intuizioni tecniche vi era la scocca autoportante in lamiera stampata che eliminando la struttura tubolare, il telaio della moto, consentiva di non avere il tunnel centrale. Tra le novità c’era il cambio spostato sul manubrio anziché a pedale, la trasmissione non a catena, così da imbrattare meno, la presenza della ruota di scorta, per sopperire alle strade sconnesse, la posizione di guida comoda. Il contributo nella linea era di Mario D’Este, disegnatore di fiducia di D’Ascanio. Il lancio era un po' la rinascita di Enrico Piaggio dopo i problemi conseguenti all’asportazione del rene. Il 25 settembre 1943, a Firenze, nella hall dell’hotel Excelsior, infatti, era stato ferito gravemente da un ufficiale della Repubblica sociale italiana, che gli aveva sparato, come punizione per non essersi alzato in piedi durante il discorso tenuto alla radio dal generale Rodolfo Graziani contro gli Alleati.