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31 luglio

Oggi, ma nel 1990, a Mazzarino, in provincia di Caltanissetta, nel bosco demaniale di Rafforosso, venivano ritrovati, da una guardia forestale in appostamento antiincendio, dentro l’Alfa Romeo 164 data alle fiamme di proprietà di Salvatore Tambè, i corpi carbonizzati di Calogero La Piana, di 23 anni, e dei fratelli Luigi e Giuseppe Tambè, di 21 e 23.

Le vittime, tutte e tre incensurate (nella foto, particolare, il luogo del recupero detto “Cugna da galera”, poiché chi non fosse pratico difficilmente avrebbe potuto trovare la via d’uscita, dei cadaveri bruciati) erano impegnate nel movimento terra e nel trasporto di detriti per conto terzi, e stavano lavorando, come subappaltatori, alla realizzazione della diga Disueri. Quest’ultima era prevista sull’omonimo lago artificiale, situato nel territorio di Gela, ottenuto proprio dallo sbarramento del fiume Disueri.

Si trattava di un’opera pubblica da 200 miliardi di lire. Verosimilmente la loro uccisione era ricollegabile alla faida malavitosa in corso nel triangolo Gela-Riesi-Mazzarino che fino a quel momento aveva causato 70 omicidi. I tre malcapitati, infatti, avevano avuto un appuntamento con un boss locale per la spartizione delle commesse appaltate dai clan. Per La Piana si dirà che la sua triste sorte sia stata determinata dall’aver assistito involontariamente ad un delitto, e quindi eliminato in quanto testimone scomodo. Per i Tambè, invece, la questione era più articolata. Il loro padre, Calogero, infatti, era scomparso nel 1983 ed era ritenuto sacrificato e per questo mai più ritrovato per frizioni crescenti tra cosche calabresi intente a dividersi i lavori pubblici.