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5 giugno

Oggi, ma nel 1975, a Arzello di Melazzo, in provincia di Alessandria, nella sparatoria tra forze dell'ordine e brigatisti _ impegnati questi ultimi nel sequestro dell'industriale Vittorio Vallarino Gancia, della omonima casa vitivinicola, rapito, per autofinanziare le BR, lungo la provinciale piemontese Cassinasco-Canelli, il giorno precedente, e tenuto in un casolare _ venivano uccisi dal fuoco incrociato Margherita "Mara" Cagol, del 1945, dall'1 agosto 1969 moglie di Renato Curcio, fondatore delle Brigate rosse, e l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso (nella foto, a sinistra), che non riprenderà coscienza e che, nonostante il tentativo chirurgico di salvarlo, morirà nell'ospedale di Acqui Terme, l'11 giugno successivo. Era nato a Penne, in provincia di Pescara, nel 1930. Il 28 aprile 1976 verrà insignito della medaglia d'argento al valor militare alla memoria. La caserma dell'Arma di San Valentino in Abruzzo citeriore, sempre in quel di Pescara, porterà il suo nome e cognome in segno di ricordo per l'estremo sacrificio.

Nell'azione erano rimasti feriti il tenente Umberto Rocca, di 35 anni, comandante della stazione di Acqui terme, al quale era saltato il braccio sinistro e l'occhio sinistro, e il maresciallo Rosario Cattafi, di 50 anni, colpiti anche dalle schegge delle granate usate dai terroristi per tentare di coprirsi la fuga all'arrivo degli uomini in divisa che erano in servizio di pattugliamento dopo il rapimento dell'industriale. L'appuntato Pietro Barberis, di 50 anni, che era in borghese, invece, era l'unico esponente della Benemerita a rimanere illeso e fu lui a colpire a morte la Cagol.

Come responsabile dell'omicidio di D'Alfonso verrà condannato il brigatista Massimo Maraschi, che in realtà era stato arrestato il giorno precedente ai fatti di sangue della cascina Spiotta, per il coinvolgimento nel rapimento di Vallarino Gancia.

I contorni di tutta la vicenda della "battaglia di Arzello" rimarranno comunque non del tutto chiari: anche per il ruolo e l'identità di uno dei brigatisti che riuscì a fuggire nel bosco. Vittorio Vallarino Gancia veniva liberato, senza il pagamento del riscatto, in quella stessa operazione dei carabinieri.