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5 SETTEMBRE

 

Oggi, ma nel 1960, a Roma, nel Palazzetto dello Sport, all’ Eur, progetto dall’architetto Marcello Piacentini, con la consulenza dell’ingegnere Pier Luigi Nervi, lo statunitense Classius Clay, di 18 anni, futuro “Mohammad Alì”, conquistava la medaglia d’oro, per la categoria dei pesi mediomassimi di pugilato, entro gli 81 chilogrammi, nella XVII Olimpiade, battendo il polacco Zbigniew Pietrzykowski, di 26. Iniziava così a brillare nel firmamento planetario della boxe. Sia durante la sua carriera che dopo il ritiro definitivo dall’agonismo -successivamente al combattimento, con perdita, contro il giamaicano naturalizzato canadese Trevor Berbich, l’11 dicembre 1981, alle Bahamas- sarà tra gli sportivi più popolari di tutti i tempi. Prima di essere messo al tappeto dalla sindrome di Parkinson, disputerà 61 incontri, caratterizzati dal record di 56 vittorie, 37 delle quali ottenute per Ko. La conversione all’Islam sarà datata 27 febbraio 1964, due giorni dopo aver ottenuto il titolo di Campione del mondo dei pesi massimi, a Miami, il 25 febbraio, contro Sonny Liston, americano, classe 1932. La medaglia del metallo più prezioso infilata al collo nella Capitale del Belpaese (nella foto, particolare, Clay in trionfo sul gradino più alto del podio) diverrà l’unico massimo riconoscimento dei giochi a cinque cerchi nel palmares di “The greatest”, “Il più grande”, come verrà soprannominato proprio per lo strabordante talento sul ring. Quanto alla cintura iridata, la cingerà 5 volte, sempre nei massimi, dal ’64 al ’69 per la WBC, World boxing council, dal ’67 al ’69 per la WBA, World boxing association, dal ’74 al ’78 ancora WBC e anche WBA, e dal ’78 al ’79 WBA.