TODAY
8 agosto
Oggi, ma nel 1888, a Saganeiti, in Eritrea, nel tentativo di scovare e catturare il capo locale Debeb Araya, ritenuto vicino al ras Alula Engida, le forze militari indigene annientavano il contingente di truppe coloniali comandato dal capitano Tullio Cornacchia. Quest’ultimo, che trovava la morte nello scontro, era alla testa di 400 basci-buzuk letteralmente “teste matte”, 300 irregolari, 4 ufficiali del regio esercito: Marcello Brero, Umberto Poli, Giulio Viganò, Virginio Virgini, tutti con il grado di tenente (nella foto, particolare, riportati, insieme a Cornacchia, nella cartolina commemorativa realizzata nel 1997 da Alberto Parducci e pubblicata sul mensile “L’Eco della Piana lucchese”, numero 5, maggio 2000).
Sia Cornacchia che gli altri quattro ufficiali verranno decorati con la medaglia d’argento al valor militare alla memoria. Ai cinque caduti italiani si aggiungevano 250 deceduti tra i combattenti sotto l’egida della bandiera tricolore. Secondo le informazioni fornite dalle spie al generale Antonio Baldissera, capo delle truppe del Belpaese stanziate in Eritrea, Debeb e la sua banda sarebbero dovuti essere accampati a Saganeiti, ma in realtà erano fuggiti sulle alture limitrofe. Sfruttando la posizione sopraelevata, strategicamente, il leader dei resistenti tendeva la micidiale imboscata.
La debacle porterà alle dimissioni di Baldissera che, tuttavia, Francesco Crispi, presidente de Consiglio dei ministri con delega anche al dicastero degli Esteri e marcate ambizioni espansionistiche d’oltremare, non terrà in considerazione. L’avanzata di Cornacchia e di Baldissera, partendo dalla base di Massaua, già possedimento di Roma, mirava a prendere con le armi le città di Cheren ed Asmara, reputate snodi nevralgici.