TURNO DI NOTTE

Fabio Fognini e quella mistica del tennis

È bastato che Fabio Fognini vincesse il Torneo di Montecarlo per riportare il tennis all’attenzione degli italiani. Per il valore del torneo, il suo successo è valutato dagli esperti come il terzo o quarto più importante ottenuto da un tennista italiano nell’era Open. L’impresa ha preso forma con una semifinale vinta su Rafael Nadal e poi con il successo in finale sul serbo Dusan Lajovic. «Mi sono ritrovato dopo un periodo buio in cui ho toccato il fondo», ha detto il tennista sanremese, «ero negativo con me stesso, mi sopportavo poco». E’ fatto così il tennis. È un esercizio su se stessi prima che una prova contro un avversario: una sorta di meditazione zen fatta in movimento anziché in stato d’immobilità fisica ed emotiva. Questa mistica dei gesti bianchi l’ha raccontata bene Gianni Clerici che ha praticato il tennis in gioventù prima di parlarne in tv, e scriverne sui giornali e in libri che conoscono pochi confronti nella letteratura italiana del secondo Novecento. «Senza quel gioco magico, non avrei probabilmente appreso tante lezioni fondamentali», ha scritto nel 2015 su Repubblica. «La lezione più importante: la rivelazione che la partita non si svolge contro un antagonista, perché tutto accade dentro di noi, e noi stessi siamo il nostro avversario più temibile, spesso addirittura un nemico mascherato». ©RIPRODUZIONE RISERVATA