PALLA AL CENTRO
Sartori, l'uomo in più dell'Atalanta
Quando si parla di Atalanta si fanno sempre i nomi di Percassi, proprietario del club, e di Gasperini, l’allenatore, per spiegare i segreti dell’exploit. Per carità, entrambi meritevoli delle luci della ribalta. Ma se il club orobico negli anni ha compiuto il salto di qualità e ora può lottare per lo scudetto e si qualifica stabilmente in Champions lo deve anche al fiuto di Giovanni Sartori, solo omonimo del compianto politologo.
E’ lui, infatti, che sceglie i giocatori adatti al gioco di Gasperini. E’ lui che ingaggia i talenti che poi vengono rivenduti producendo ricche plusvalenze. L’ultimo caso è quello di Gosens all’Atalanta per una trentina di milioni. E’ il ds perfetto. Capisce di calcio e di giocatori e non ama la vetrina. Al contrario, ama nascondersi e non fa il ruffiano con i giornalisti. In tv si parla poco di lui, sui giornali men che meno. 64 anni, lodigiano, ex centravanti del Milan, della Sampdoria e del Chievo, possiede un naso smisurato per i giovani. Tutti quei giocatori che si affermano con la maglia dell’Atalanta vengono presi che sono praticamente sconosciuti al calcio italiano. E poi valorizzati da Gasperini. Lui gira l’Europa e il mondo a caccia di campioni del futuro. Inutile fare nomi, basta scorgere la formazione nerazzurra per rendersi conto dell’abilità di Sartori. Ha due qualità che fanno la differenza: il fiuto in primis, ovvero capisce se un ragazzo ha o meno margini di miglioramento. E’ una dote naturale. L’altra è lo specchio dello spessore dell’uomo: non si fida dei procuratori, ma della sua rete di osservatori e del suo istinto. Ovviamente a seguito delle segnalazioni, l’ultima parola è sempre la sua. Prende la macchina o l’aereo e parte. Va a vedere con i suoi occhi.
In passato aveva fatto le fortune del Chievo con la cui maglia aveva concluso la carriera da calciatore per poi diventare il principale collaboratore dei Campedelli. Anche lì giocatori sconosciuti e poi affermatisi in serie A. Tante plusvalenze che hanno permesso il consumarsi della favola clivense. Fino al 2014. Tempo un paio d’anni, il Chievo ha iniziato a ridimensionarsi fino a scomparir dai campionati professionistici e l’Atalanta ha cominciato a prendere il volo. A Verona l’effetto Sartori si è dissolto, mentre a Bergamo ha attecchito. Una differenza c’è: al Chievo si occupava anche della gestione della prima squadra, a Bergamo no. Solo di mercato con i risultati tecnici ed economici che sono sotto gli occhi di tutti. Sempre a fari spenti.