Studiare da influencer per diventare una star
Un tempo, neanche molto tempo fa, quando chiedevi ai bambini cosa volessero fare da grandi, loro rispondevano: il dottore, la ballerina, l’infermiera, la maestra. Ecco, questi mestieri qui, d’ora in poi dimenticateli. Resettate tutto. Perché ora i bambini, a questa domanda, potrebbero rispondere alternativamente: il tronista, lo youtuber oppure l’influencer.
Ah, l’influencer! Che professione invidiabile. Ti pagano per indossare vestiti fighissimi, ti regalano creme e cosmetici e non devi far altro che farti selfie tutto il santo giorno. Puoi girare il mondo, farti ospitare negli hotel di lusso e nei ristoranti chic: non devi far altro che fotografarti sdraiato mollemente su un’amaca, oppure davanti a un piatto gourmet da urlo. L’unica fatica è fare la faccina estasiata, di rigore per amore dello sponsor. Facile no?
A quanto pare no. A quanto pare, bisogna molto studiare. Tanto che, è notizia di questi giorni, è nato addirittura un corso di laurea che promette di insegnare, in tre anni, tutto ciò che serve per diventare una Instagram star da milioni di euro. È da un'università che usciranno dunque la nuova Ferragni, la Kardashian italiana o il novello Di Vaio? Il corso è telematico, si svolge online e la retta per il primo anno si aggirerebbe sui 3.900 euro, a cui vanno aggiunte spese di immatricolazione e tasse. Come ogni corso di laurea che si rispetti, anche questo nuovo indirizzo ha un piano di studi, esami da sostenere e libri da studiare: a scorrere le discipline trattate, non sembra molto diverso da un normale corso di laurea in comunicazione. Ma per diventare un influencer virale basterà studiare informatica, semiotica e sociologia? Basterà conoscere la scrittura pubblicitaria per catturare nella propria rete gli sperati milioni di seguaci? Quel meccanismo del tutto inspiegabile che fa entrare nell’immaginario collettivo la vita di persone del tutto normali, si può davvero insegnare?
Io avrei un paio di suggerimenti. Innanzitutto, un corso di recitazione. Ad esempio, su come impostare un’espressione credibile di fronte a prodotti assolutamente improbabili. O come indossare con nonchalance delle robe che normalmente non ti metteresti neppure per andare in bagno. E poi come fare la boccuccia a papera e gli occhi da micione, essenziali in caso di primi piani, che mica vengono naturale a tutti!
Poi, consiglierei un modulo sulla vita e le opere di Giulia De Lellis, un genio che riesce a piazzare un libro in cima a tutte le classifiche, pur confessando di non averne mai letto uno nella sua intera esistenza. E visto che una bella fetta del business proviene dal mondo del beauty, aggiungerei varie ore di fitness e pilates: quale azienda ingaggerebbe un testimonial con la pancetta o le maniglie dell’amore per promuovere una crema snellente o quel miracoloso beverone dimagrante?
Infine, non ci vogliamo mettere pure un bel corso di Photoshop, per ritoccare, snellire, levigare, gonfiare, rivitalizzare e rendere tutti più belli (e finti)?
Ma a parte le facezie, forse la cosa più corretta sarebbe un serio corso di deontologia. L’influencer appare come l'amico che ti consiglia cose provate personalmente: ma dietro alle leccatissime foto, in realtà, ci sono ingaggi da migliaia di euro. Il rischio che non si pensi troppo all’etica di fronte all’ennesimo prodotto da promuovere è alto e forse sarebbe ora di dire chiaramente che si tratta di puro e semplice marketing.
Che questo nuovo corso sia o meno un successo, comunque, quell’Università almeno un obiettivo l’ha centrato. I social da giorni, sull’argomento, sono scatenati: è la prova provata che in questo strano, nuovo mondo mediatico, la qualità si confonde spesso con la quantità di parole usate per parlarne.
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