A 52 anni è il re della A2 Elite Il mago Junior incanta ancora «Tornare in A? Per mio figlio» 

Il fenomeno di Belo Horizonte classe 1970 protagonista con il Pescara Academy «Siamo una famiglia e siamo ambiziosi: non so dove arriveremo, ma ci proveremo»

PESCARA. Estate 2022: Ivan Alves Junior, 50 anni, vince la C1 di calcio a cinque con il Sulmona e riceve il premio di miglior giocatore del campionato, in cui segna una valanga di gol e diventa l’idolo della città ovidiana. «È il mio ultimo anno, la mia carriera finisce qui». Novembre 2024: Ivan Alves Junior, 52 anni e 4 mesi, gioca in serie A2 Elite con il Pescara Academy, segna ancora (4 reti in 6 giornate) e punta dritto alla serie A. Tutto vero: i biancazzurri di Palusci, ripescati dalla A2 alla categoria superiore, oggi sono primi in classifica a pari punti con il Capurso. L’eterno mago di Belo Horizonte incanta ancora il pubblico del Palarigopiano e di mezza Italia dopo 3 scudetti, 2 Coppe Italia, svariate promozioni e titoli di capocannoniere come se piovessero.
Scusi Junior, ma lei non aveva smesso?
«Sì, avevo smesso dopo il Sulmona, ma il problema è che non mi fanno smettere...».
Corpo da ragazzino, elastico, snodato, con una calamita che attrae il pallone e lo spedisce dove vuole, come se avesse un telecomando nei piedi.
«La voglia è sempre la stessa, anzi ne ho di più di prima dopo che mi sono rimesso in gioco. La disciplina e la concentrazione sono al massimo. Poi seguo una corretta alimentazione».
Sì, ma dev’esserci qualcos’altro, dica la verità.
«Ne sono convinto al cento per cento: la differenza la fa Dio. Questa energia viene dall'alto, non è umana. Però ci sono anche delle regole umane da seguire: il segreto è dormire bene, curarsi bene, mangiare bene. E allenarsi».
Ma lei lavora in fabbrica.
«Sì, dalle 6 alle 14, sto otto ore in piedi, faccio l’operaio. Per quello dico che c'è del soprannaturale in questa storia».
Otto ore in fabbrica, pranzo, poi tre-quattro ore al palazzetto.
«Alleno l'under 19, poi entro in campo con i compagni. Quando la sera arrivo a casa, prima di andare a dormire, sto con la mia compagna e con i quattro figli e ricarico le batterie».
A fare la differenza in questo spettacolo senza tempo che regala in campo è anche l’amicizia con i suoi compagni.
«Con Coco Schmitt fin da quando eravamo avversari. Con Fernando Calderolli avevamo giocato insieme in B. E con Dudù Morgado basta uno sguardo per capirci. Mister Palusci, il presidente, una seconda famiglia».
Che ora vuole ridare all’Abruzzo una squadra maschile in serie A.
«Siamo partiti per provare a fare bene. Io se entro in un'avventura voglio vincere. Sono cascettaro. Così anche il nostro patron. I conti li faremo alla fine».
Per far segnare ancora un 52enne, il campionato è sceso di livello?
«Per me il calcio a cinque sta finendo, è più forza fisica che tecnica. I vecchietti hanno qualità, mentre i giovani puntano tutto sulla corsa. Un nuovo Junior? Dalle parti nostre vederlo sarà impossibile. Ma un ragazzo voglio citarlo: ho giocato con tutti e contro tutti in italia. E dico che il più forte italiano che ho visto negli ultimi anni è il nostro Masi».
Tra un anno ci risentiremo e lei avrà 53 anni e sarà un giocatore di serie A.
«Un pensiero ce lo faccio. Quattro anni fa avevo appeso le scarpette al chiodo, ma mio figlio Paulo - che aveva 9 anni - si mise a piangere e mi disse: ti voglio vedere di nuovo in serie A. Io pensavo: “ma dai, non ho l'età, come faccio ad accontentarlo...”. Poi abbiamo vinto la B e ho detto “basta”. Ma ora mi trovo in A2 Elite e alla fine del tunnel si vede uno spicchio di A...».
Una valigia piena di ricordi. «Ma il primo, quando sono arrivato ad Augusta, è da brividi: accolto come un figlio che ritrova la madre dopo tanto tempo. Non parlo solo della squadra, ma di tutti. Poi un altro, che mi ha permesso di arrivare fino ad oggi: una chiacchierata con mister Colini, 26 anni fa in Sicilia. Abitava con me, mi vide fare colazione con la Coca Cola e disse: cosa vuoi dalla tua vita? Io: giocare fino a che posso. Rispose: smettila con queste schifezze e fai una vita da atleta. Parole che ho ancora nelle orecchie. Da lì in poi, la mia vita è cambiata».
Anche l’Abruzzo le ha cambiato la vita.
«Sono qui da sedici anni. Sono un figlio adottato da questa terra. Tre dei miei quattro figli sono nati qui. Non posso far altro che dirgli: grazie».